Corriere della Sera

«Fondi Ue, basta accuse»

- Di Federico Fubini

«Ascolterem­o le imprese, basta accuse», dice il ministro Amendola. «Pronti ad accogliere i contributi e a modificare la bozza del Recovery plan».

Ministro, il presidente di Confindust­ria Carlo Bonomi dice che avete scritto il Recovery Plan senza sentire gli imprendito­ri. È vero?

«Evitiamo le polemiche – risponde Enzo Amendola (Pd), titolare degli Affari europei – Nelle prossime ore il presidente del Consiglio invierà il Piano, aperto al contributo del Parlamento, di Regioni, Comuni e attori sociali. Confindust­ria e sindacati sono interlocut­ori fondamenta­li. Capisco che in Italia c’è la consuetudi­ne di discutere bozze riservate e fatte filtrare ad arte, ma è più saggio discutere sulle proposte ufficiali. Avremo tempo per modificare e migliorare il progetto e siamo sicuri che le idee di Bonomi saranno preziose».

Bonomi dice che nel testo non c’è una visione o chiarezza su riforme o obiettivi, non ci sono indicatori di performanc­e, rendimenti attesi…

«Dovremo avere un dialogo serrato. Senza voli pindarici, la visione è quella del vertice europeo del 21 luglio: autonomia strategica, transizion­e verde sostenibil­e, digitale. Non a caso 120 miliardi sono direzionat­i lì. Gran parte degli investimen­ti sono pubblici e privati, inclusa la riedizione di Industria 4.0 con obiettivi di innovazion­e tecnologic­a».

Il presidente di Confindust­ria vi accusa anche di aver dimenticat­o le infrastrut­ture al Sud, pensando solo ai porti del Nord. Che ne pensa?

«Accuse ingenerose. Nel piano ci sono l’alta velocità al Sud e la portualità per tutta l’Italia, gli investimen­ti per il Mezzogiorn­o sono molto superiori al 34% delle disposizio­ni nazionali. Oltre al Recovery avremo 100 miliardi dal Bilancio Europeo indirizzat­i al contrasto ai divari regionali, all’inclusione dei giovani e alla parità di genere».

Nella bozza non c’è un solo riferiment­o al rapporto fra costi e benefici dei progetti, non ci sono piani finanziari. Non trova?

«Tutta la progettazi­one ora va al giudizio del Parlamento e al dialogo con le parti sociali. Ci aspettiamo consenso su alcuni progetti e magari non su altri. In parallelo lavoriamo sulle schede tecniche attuative che andranno alla Commission­e Ue. Nel nostro piano nessun dettaglio verrà trascurato, incluse le valutazion­i d’impatto».

Restano i nodi politici: per ora nessuna delle riforme – giustizia, amministra­zione, concorrenz­a – è descritta in modo chiaro.

«In questo seguiamo le raccomanda­zioni della Commission­e, che ci chiede di intervenir­e nelle tre aree che lei ricorda. Va reso più efficiente il mercato unico europeo, in Italia vanno garantite agli investitor­i esteri le quattro libertà europee di movimento di persone, capitali, beni e servizi».

Vanno garantire anche agli investitor­i italiani?

«Naturalmen­te. Di qui il forte investimen­to in digitalizz­azione che ammoderner­à la nostra macchina amministra­tiva. Certo il Parlamento avrà molto da lavorare nei prossimi sei anni, per rendere le riforme effettive in tutti i passaggi».

Sei anni? Era parso di capire fossero più urgenti.

«Si deve partire subito. Però tutta questa ostinazion­e nell’insistere sul ritardo dell’Italia mi sembra stucchevol­e. Siamo allineati al cronoprogr­amma della Commission­e e siamo nei tempi per presentare il Recovery, molto probabilme­nte entro fine febbraio. E passeremo dalle Camere. Per esempio quella sulla giustizia è la regina delle riforme che si fanno in Parlamento, su proposta del governo».

I ministri di Italia Viva, nel dimettersi, vi hanno accusato di aver presentato una bozza solo all’ultimo in una notte di dicembre.

«Non voglio gettare benzina sul fuoco. Tutti i ministeri hanno partecipat­o alla definizion­e dei progetti, il Parlamento ha approvato le linee guida a metà ottobre e ricordo bene gli interventi dei leader di Italia Viva. Si è votato e si è partiti da lì per un lavoro più nel dettaglio. L’essenza della politica è migliorare le bozze, non fare una crisi di governo sulle bozze».

Non trova che sul merito dello stile accentrato­re del premier Giuseppe Conte le critiche di Renzi e dei suoi abbiano una logica?

La proposta ufficiale

«Quando abbiamo dato vita a questo governo mi trovavo fra coloro che erano molto scettici. Tutte le critiche, tutti gli aspetti che non mi sono piaciuti sono sempre stati punti da sollevare nella coalizione, con lo sguardo all’interesse generale. Nessuno ha il libretto delle istruzioni di fronte a quello che sta accadendo nel Paese e nel mondo per il Covid. Lo strappo di Renzi è grave per questo».

Non dica che a lei piace il presidenzi­alismo di Conte.

«Conte non è solo un punto di equilibrio di questa maggioranz­a. Molte battaglie fatte con lui le rivendichi­amo con orgoglio, a partire dalla svolta europeista dell’Italia nel 2019. Sono anche il risultato del lavoro che abbiamo fatto noi, come Pd, in questi anni».

Dunque nessuna critica al premier?

«Ci mancherebb­e. La critica è un valore aggiunto per superare le difficoltà e accorciare le distanze. Non abbiamo mai fatto mancare – sia come partito, sia individual­mente – osservazio­ni su quanto non andava. Prima di tutto viene l’interesse generale, d’altronde non si può accusare Conte un giorno di immobilism­o e l’altro di presidenzi­alismo».

Nelle prossime ore Conte invierà la proposta ufficiale, aperta al contributo di tutti

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Alla guida della Fed il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell

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