«Fondi Ue, basta accuse»
«Ascolteremo le imprese, basta accuse», dice il ministro Amendola. «Pronti ad accogliere i contributi e a modificare la bozza del Recovery plan».
Ministro, il presidente di Confindustria Carlo Bonomi dice che avete scritto il Recovery Plan senza sentire gli imprenditori. È vero?
«Evitiamo le polemiche – risponde Enzo Amendola (Pd), titolare degli Affari europei – Nelle prossime ore il presidente del Consiglio invierà il Piano, aperto al contributo del Parlamento, di Regioni, Comuni e attori sociali. Confindustria e sindacati sono interlocutori fondamentali. Capisco che in Italia c’è la consuetudine di discutere bozze riservate e fatte filtrare ad arte, ma è più saggio discutere sulle proposte ufficiali. Avremo tempo per modificare e migliorare il progetto e siamo sicuri che le idee di Bonomi saranno preziose».
Bonomi dice che nel testo non c’è una visione o chiarezza su riforme o obiettivi, non ci sono indicatori di performance, rendimenti attesi…
«Dovremo avere un dialogo serrato. Senza voli pindarici, la visione è quella del vertice europeo del 21 luglio: autonomia strategica, transizione verde sostenibile, digitale. Non a caso 120 miliardi sono direzionati lì. Gran parte degli investimenti sono pubblici e privati, inclusa la riedizione di Industria 4.0 con obiettivi di innovazione tecnologica».
Il presidente di Confindustria vi accusa anche di aver dimenticato le infrastrutture al Sud, pensando solo ai porti del Nord. Che ne pensa?
«Accuse ingenerose. Nel piano ci sono l’alta velocità al Sud e la portualità per tutta l’Italia, gli investimenti per il Mezzogiorno sono molto superiori al 34% delle disposizioni nazionali. Oltre al Recovery avremo 100 miliardi dal Bilancio Europeo indirizzati al contrasto ai divari regionali, all’inclusione dei giovani e alla parità di genere».
Nella bozza non c’è un solo riferimento al rapporto fra costi e benefici dei progetti, non ci sono piani finanziari. Non trova?
«Tutta la progettazione ora va al giudizio del Parlamento e al dialogo con le parti sociali. Ci aspettiamo consenso su alcuni progetti e magari non su altri. In parallelo lavoriamo sulle schede tecniche attuative che andranno alla Commissione Ue. Nel nostro piano nessun dettaglio verrà trascurato, incluse le valutazioni d’impatto».
Restano i nodi politici: per ora nessuna delle riforme – giustizia, amministrazione, concorrenza – è descritta in modo chiaro.
«In questo seguiamo le raccomandazioni della Commissione, che ci chiede di intervenire nelle tre aree che lei ricorda. Va reso più efficiente il mercato unico europeo, in Italia vanno garantite agli investitori esteri le quattro libertà europee di movimento di persone, capitali, beni e servizi».
Vanno garantire anche agli investitori italiani?
«Naturalmente. Di qui il forte investimento in digitalizzazione che ammodernerà la nostra macchina amministrativa. Certo il Parlamento avrà molto da lavorare nei prossimi sei anni, per rendere le riforme effettive in tutti i passaggi».
Sei anni? Era parso di capire fossero più urgenti.
«Si deve partire subito. Però tutta questa ostinazione nell’insistere sul ritardo dell’Italia mi sembra stucchevole. Siamo allineati al cronoprogramma della Commissione e siamo nei tempi per presentare il Recovery, molto probabilmente entro fine febbraio. E passeremo dalle Camere. Per esempio quella sulla giustizia è la regina delle riforme che si fanno in Parlamento, su proposta del governo».
I ministri di Italia Viva, nel dimettersi, vi hanno accusato di aver presentato una bozza solo all’ultimo in una notte di dicembre.
«Non voglio gettare benzina sul fuoco. Tutti i ministeri hanno partecipato alla definizione dei progetti, il Parlamento ha approvato le linee guida a metà ottobre e ricordo bene gli interventi dei leader di Italia Viva. Si è votato e si è partiti da lì per un lavoro più nel dettaglio. L’essenza della politica è migliorare le bozze, non fare una crisi di governo sulle bozze».
Non trova che sul merito dello stile accentratore del premier Giuseppe Conte le critiche di Renzi e dei suoi abbiano una logica?
La proposta ufficiale
«Quando abbiamo dato vita a questo governo mi trovavo fra coloro che erano molto scettici. Tutte le critiche, tutti gli aspetti che non mi sono piaciuti sono sempre stati punti da sollevare nella coalizione, con lo sguardo all’interesse generale. Nessuno ha il libretto delle istruzioni di fronte a quello che sta accadendo nel Paese e nel mondo per il Covid. Lo strappo di Renzi è grave per questo».
Non dica che a lei piace il presidenzialismo di Conte.
«Conte non è solo un punto di equilibrio di questa maggioranza. Molte battaglie fatte con lui le rivendichiamo con orgoglio, a partire dalla svolta europeista dell’Italia nel 2019. Sono anche il risultato del lavoro che abbiamo fatto noi, come Pd, in questi anni».
Dunque nessuna critica al premier?
«Ci mancherebbe. La critica è un valore aggiunto per superare le difficoltà e accorciare le distanze. Non abbiamo mai fatto mancare – sia come partito, sia individualmente – osservazioni su quanto non andava. Prima di tutto viene l’interesse generale, d’altronde non si può accusare Conte un giorno di immobilismo e l’altro di presidenzialismo».
Nelle prossime ore Conte invierà la proposta ufficiale, aperta al contributo di tutti