Il piano dei dem contro Matteo: riprendere i suoi parlamentari
L’ira di Zingaretti su Renzi: con lui interloquire è impossibile L’obiettivo è essere autosufficienti e poi «imbarcare» quelli di Iv
«Le elezioni vanno evitate ma la situazione è preoccupante, e a volte al voto ci si arriva senza volerlo, proprio perché è difficile ricomporre la situazione». È un Nicola Zingaretti preoccupato quello che all’ora di pranzo riunisce l’ufficio politico del suo partito: ministri, capigruppo di Camera e Senato e il vicesegretario Andrea Orlando.
All’ordine del giorno la decisione di Giuseppe Conte di trovare un gruppo di responsabili che sostituisca la pattuglia di Italia viva. Il leader del Partito democratico non è contrario a questa operazione e i massimi dirigenti sono d’accordo con lui. Solo, per pudicizia, da ora in avanti li chiameranno «costruttori», perché da responsabili a Scilipoti il passo è breve e quindi è meglio rifarsi alla terminologia del Quirinale. Suona meglio. «Bisogna cercarli alla luce del sole», dice il ministro della Cultura Dario Franceschini, sdoganando l’ipotesi che il Conte ter si possa ancora fare, ma senza Renzi, che con lui ormai è chiusa. Per sempre, anzi no, per il momento. La porta per i responsabili è aperta.
«L’interlocuzione con il leader di Italia viva, che ha deciso di rompere in un momento così drammatico per il Paese è impossibile», conferma Zingaretti nella riunione dei vertici del Partito democratico. Ma il segretario sa bene, come lo sanno gli altri dirigenti del Pd, che «un governo raccogliticcio non ha senso». E sui numeri, i nomi e le modalità di questa operazione volta a trovare una terza maggioranza per Conte si tengono ancora prudenti: «Al momento non c’è una pattuglia di costruttori, ma di qui a lunedì non si può escludere niente».
I dem hanno quindi deciso di assecondare il tentativo del premier, ma pongono dei paletti perché non vogliono pagare loro il prezzo dell’eventuale fallimento di questa operazione. Perciò chiedono che tra i responsabili ci sia almeno un pezzo della pattuglia dei senatori di Italia viva. Sennò non avrebbe senso: figurerebbe solo come un tentativo di trasformismo, «l’ennesimo governo Conte con l’ennesima nuova maggioranza». Svuotare il gruppo di Matteo Renzi al Senato, invece, avrebbe un senso politico perché darebbe maggiore dignità ai «costruttori». Senza contare il fatto che metterebbe con le spalle al muro il leader di Italia viva, al quale il Partito democratico non intende fare nessuno sconto. Anzi.
L’idea è quindi quella di raggiungere quota 161 senatori (ossia la maggioranza assoluta dell’assemblea di Palazzo Madama) senza l’apporto dei renziani. Solo a quel punto si andrebbe da Riccardo Nencini e compagni e, forti dei numeri, si chiederebbe a quei senatori di scindere le loro sorti da quelle di Matteo Renzi. Senza però giocare d’azzardo con i numeri dell’aula: «Noi — sottolinea Zingaretti
nel corso della riunione — siamo il partito della responsabilità e dobbiamo comportarci di conseguenza». È un no, netto, insistito e pubblico a Matteo Renzi, ma è anche un altolà a Giuseppe Conte, perché la smetta di giocare da solo, tanto più in un momento grave come questo.
Già, il Pd in questa partita è schierato al fianco del premier ma avverte il rischio di finire schiacciato nella morsa 5 Stelle- Conte e cerca di evitare questa deriva. Il Partito democratico vuole regolare i conti con l’ex segretario ma non intende offrire al presidente del Consiglio un nuovo gruppo di supporter sotto le spoglie dei responsabili.