Telefonate, messaggi e pacche sulle spalle Gli alleati: in Senato arriveremo sopra 161
Nencini: serve una maggioranza solida e un patto di legislatura Il ruolo del Maie. De Bonis: siamo in 4, puntiamo ad essere 10-15
«L’amore è un’onda sinusoidale. In questo momento siamo al picco, c’è molto affetto nei nostri confronti». Il comandante Gregorio De Falco, ex M5S, non rinuncia all’ironia. Sono ore di telefonate, messaggini, chat. Tutte molto amorevoli, perché il governo ha perso un pezzo e ha bisogno di stabilità, non solo emotiva. Servono voti. C’è chi li chiama «responsabili» e chi «costruttori», evocando il capo dello Stato, chi «moderati per Conte», chi trasformisti o transfughi. Ma la sostanza non cambia: serve un gruppo di volenterosi.
Ci sono? In mattinata il Pd sembrava pessimista, poi in serata da Palazzo Chigi filtrava ottimismo: si può arrivare a 167-168 senatori, contro i 161 di sicurezza. Fantanumeri, rispondono altri. Togliendo Iv, la maggioranza sarebbe di 151. A questa aggiungiamo due senatori a vita (Elena Cattaneo e Mario Monti, gli altri 4 spesso non votano). E poi? Ci sono Sandra Lonardo e Raffaele Fantetti (Maie). E fanno 155. Qui ci si ferma, secondo alcuni senatori. I calcoli dei renziani non sono dissimili.
L’operazione, si sa, è delicata e densa di dissimulazione: chi ci sta pensando nega con forza, talvolta con sdegno. L’ambiguità trionfa, anche se Dario Franceschini ha dato il via libera, spiegando che «responsabili» è una parola positiva e che si può esserlo «a viso aperto».
In un comunicato, il segretario del Psi Enzo Maraio e il senatore Riccardo Nencini si proclamano «costruttori». Responsabili, dunque? No, dice Nencini: «Si passa dal governo dell’emergenza al governo dell’Italia che verrà. Servono visione, un progetto lungimirante, una maggioranza autorevole. Insomma, un solido patto di legislatura che coinvolga le forze dell’attuale maggioranza». E dunque? «Immaginare soluzioni di fortuna affidate a un drappello di singoli coinvolti uno a uno anziché puntare a un solido disegno politico sarebbe un errore. Non è questo un tempo che possa essere affidato a pesche miracolose».
Dunque no a una maggioranza raccogliticcia e senza Renzi. Del resto il Quirinale non vuole un governo puntellato da singoli. Serve un progetto, servono gruppi politici. Da dove arriveranno? L’Udc Antonio Saccone: «Noi siamo costruttori per definizione, le urne non ce le possiamo permettere. Ma questa operazione non sta in piedi». De Falco sta nel solco del Quirinale: «Con i responsabili sarebbe un’operazione solo aritmetica. Con i costruttori, un progetto politico». Saverio De Bonis è in linea: «Abbiamo messo a disposizione il simbolo del Maie non per scilipotismo ma nell’ottica dei costruttori. Ora siamo 4 ma puntiamo a diventare 10-15». E si dice che proprio il Maie sarà l’embrione di questa sorta di «lista Conte».
Palazzo Chigi avrebbe sguinzagliato il sottosegretario Mario Turco e il capo di gabinetto Alessandro Goracci. Il Senato è tutto un capannello. Bruno Astorre, franceschiniano, confida a un collega: «Sono a caccia di responsabili». Paolo Romani, di Cambiamo, scherza o forse no: «I responsabili? Decidiamo noi quando partiranno. I tre Udc ora sono spaventati».
Lo sono un po’ tutti. Anche a Palazzo Chigi, nonostante l’ottimismo. Perché l’operazione andrà in porto non grazie al reclutamento di peones, ma con un via libera berlusconiano. A quel punto, l’arrivo di pezzi di FI, Udc e Cambiamo potrebbe saldarsi alle defezioni in Italia viva (pare già oltre 6). E creare un cordone di sicurezza più ampio.
Al momento la maggioranza senza Iv è a 151, poi ci sono Lonardo e Fantetti