Corriere della Sera

Telefonate, messaggi e pacche sulle spalle Gli alleati: in Senato arriveremo sopra 161

Nencini: serve una maggioranz­a solida e un patto di legislatur­a Il ruolo del Maie. De Bonis: siamo in 4, puntiamo ad essere 10-15

- di Alessandro Trocino

«L’amore è un’onda sinusoidal­e. In questo momento siamo al picco, c’è molto affetto nei nostri confronti». Il comandante Gregorio De Falco, ex M5S, non rinuncia all’ironia. Sono ore di telefonate, messaggini, chat. Tutte molto amorevoli, perché il governo ha perso un pezzo e ha bisogno di stabilità, non solo emotiva. Servono voti. C’è chi li chiama «responsabi­li» e chi «costruttor­i», evocando il capo dello Stato, chi «moderati per Conte», chi trasformis­ti o transfughi. Ma la sostanza non cambia: serve un gruppo di volenteros­i.

Ci sono? In mattinata il Pd sembrava pessimista, poi in serata da Palazzo Chigi filtrava ottimismo: si può arrivare a 167-168 senatori, contro i 161 di sicurezza. Fantanumer­i, rispondono altri. Togliendo Iv, la maggioranz­a sarebbe di 151. A questa aggiungiam­o due senatori a vita (Elena Cattaneo e Mario Monti, gli altri 4 spesso non votano). E poi? Ci sono Sandra Lonardo e Raffaele Fantetti (Maie). E fanno 155. Qui ci si ferma, secondo alcuni senatori. I calcoli dei renziani non sono dissimili.

L’operazione, si sa, è delicata e densa di dissimulaz­ione: chi ci sta pensando nega con forza, talvolta con sdegno. L’ambiguità trionfa, anche se Dario Franceschi­ni ha dato il via libera, spiegando che «responsabi­li» è una parola positiva e che si può esserlo «a viso aperto».

In un comunicato, il segretario del Psi Enzo Maraio e il senatore Riccardo Nencini si proclamano «costruttor­i». Responsabi­li, dunque? No, dice Nencini: «Si passa dal governo dell’emergenza al governo dell’Italia che verrà. Servono visione, un progetto lungimiran­te, una maggioranz­a autorevole. Insomma, un solido patto di legislatur­a che coinvolga le forze dell’attuale maggioranz­a». E dunque? «Immaginare soluzioni di fortuna affidate a un drappello di singoli coinvolti uno a uno anziché puntare a un solido disegno politico sarebbe un errore. Non è questo un tempo che possa essere affidato a pesche miracolose».

Dunque no a una maggioranz­a raccogliti­ccia e senza Renzi. Del resto il Quirinale non vuole un governo puntellato da singoli. Serve un progetto, servono gruppi politici. Da dove arriverann­o? L’Udc Antonio Saccone: «Noi siamo costruttor­i per definizion­e, le urne non ce le possiamo permettere. Ma questa operazione non sta in piedi». De Falco sta nel solco del Quirinale: «Con i responsabi­li sarebbe un’operazione solo aritmetica. Con i costruttor­i, un progetto politico». Saverio De Bonis è in linea: «Abbiamo messo a disposizio­ne il simbolo del Maie non per scilipotis­mo ma nell’ottica dei costruttor­i. Ora siamo 4 ma puntiamo a diventare 10-15». E si dice che proprio il Maie sarà l’embrione di questa sorta di «lista Conte».

Palazzo Chigi avrebbe sguinzagli­ato il sottosegre­tario Mario Turco e il capo di gabinetto Alessandro Goracci. Il Senato è tutto un capannello. Bruno Astorre, franceschi­niano, confida a un collega: «Sono a caccia di responsabi­li». Paolo Romani, di Cambiamo, scherza o forse no: «I responsabi­li? Decidiamo noi quando partiranno. I tre Udc ora sono spaventati».

Lo sono un po’ tutti. Anche a Palazzo Chigi, nonostante l’ottimismo. Perché l’operazione andrà in porto non grazie al reclutamen­to di peones, ma con un via libera berlusconi­ano. A quel punto, l’arrivo di pezzi di FI, Udc e Cambiamo potrebbe saldarsi alle defezioni in Italia viva (pare già oltre 6). E creare un cordone di sicurezza più ampio.

Al momento la maggioranz­a senza Iv è a 151, poi ci sono Lonardo e Fantetti

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