Lombardia, lunedì si torna in classe Ma per tutti c’è l’incognita zona rossa
Si moltiplicano le proteste contro la didattica a distanza Anche il Tar siciliano si esprime sulla necessità di riaprire
Rischia di diventare una questione giudiziaria la riapertura delle scuole superiori. Dopo la decisione del Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Lombardia, che ha imposto di anticipare il rientro degli studenti fissato per il 25 gennaio, anche i giudici amministrativi della Sicilia intervengono, su ricorso di una settantina di famiglie catanesi. La didattica a distanza è legittima purché sia di carattere temporaneo, ed è altrettanto indispensabile l’obbligatorietà dell’apertura delle scuole, scrive il Tar della Sicilia. In questo caso non vengono indicate date precise, ma viene specificata la «necessità» di riaprire le scuole in presenza: attualmente la Regione ha previsto che gli studenti di scuole elementari e medie tornino in classe lunedì prossimo e che quelli delle superiori rientrino il primo febbraio.
Ma le istanze che arrivano sempre più spesso dai movimenti anti-dad e che finiscono sui tavoli dei tribunali amministrativi si scontrano con i dati dei contagi e le complicazioni dell’organizzazione. L’Ufficio scolastico lombardo ha chiesto ai licei di aspettare fino a lunedì per la riapertura «al fine di consentire al trasporto pubblico e agli istituti scolastici di disporre di tempi congrui per un’organizzazione adeguata». Tempi «minimi insopprimibili», scrivono il prefetto di Milano, Renato Saccone, e la direttrice dell’ufficio scolastico regionale, Augusta Calenda, al presidente
Tra gli ultimi a rientrare saranno gli studenti di Veneto, Marche, Sardegna, Calabria
del Tar. Lunedì, però, la Lombardia potrebbe rientrare in zona rossa e a quel punto gli studenti delle superiori, ma anche delle seconde e terze medie, per le norme nazionali, non potrebbero tornare in classe. È anche per questo che il governatore Attilio Fontana non avrebbe presentato subito un ricorso per opporsi alla sentenza del Tar, ma solo un reclamo: una forma di protesta simbolica, nella consapevolezza che il monitoraggio di oggi e il passaggio di «colore» della Regione finiranno comunque per tenere chiuse le scuole. Stesso discorso per la Sicilia: è il governatore Nello Musumeci a chiedere al governo due settimane di «zona rossa». Nonostante sia partito ieri lo screening su alunni e docenti di elementari e medie, Musumeci ha anticipato che «se la richiesta non dovesse essere accolta domani procederò con un’ordinanza ad applicare le limitazioni previste per le zone rosse in tutte le aree regionali a maggiore incidenza di contagio». Il che significa che anche in Sicilia le scuole forse resteranno chiuse, almeno per ora.
Chi riapre, allora? Secondo il calendario delle ordinanze, dovrebbero rientrare il 18 gli studenti delle superiori di Piemonte, Lazio, Puglia, Liguria e Molise. Anche se tra queste dovessero esserci zone arancioni, infatti, il Cts ha deciso che non c’è contrasto con la riapertura. Resta in dubbio
L’orientamento è di lasciare a casa il 50% dei ragazzi. «Altrimenti addio distanziamento»
il rientro dell’intera scuola primaria in Campania, dove il governatore Vincenzo De Luca si era riservato una valutazione epidemiologica. Il 25 gennaio dovrebbero tornare in classe i ragazzi dell’EmiliaRomagna (a rischio zona rossa) e quelli di Campania e Umbria. Gli ultimi a varcare i cancelli delle superiori dovrebbero essere quelli di Veneto, Sicilia, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Sardegna, Calabria e Basilicata, il 1° febbraio. Ma in quanti? Secondo il nuovo Dpcm una quota tra il 50 e il 75%: anche se l’orientamento è di lasciare metà degli studenti a casa perché, come ha detto il direttore dell’ufficio scolastico del Lazio, Rocco Pinneri, con il 75% si rischia di non rispettare il distanziamento.