Corriere della Sera

Solo, furioso e allarmato per i guai giudiziari Ma la base è con Trump

È semi-rottura anche con Rudy Giuliani

- da New York Massimo Gaggi

Furioso coi «traditori» che l’hanno abbandonat­o come il leader dei repubblica­ni al Congresso, Mitch McConnell, ma anche con gli alleati che, dice, non l’hanno difeso con sufficient­e vigore come la conduttric­e della Fox Laura Ingraham, Donald Trump vive la sua ultima settimana in una Casa Bianca ormai semidesert­a, in un crescente isolamento. Con l’agenda di governo vuota, dopo la missione al muro anti immigrati del Texas, impossibil­itato a digitare, come di consueto, centinaia di tweet, il presidente passa il tempo al telefono, seguendo i programmi politici televisivi e studiando vendette nei confronti di chi gli ha voltato le spalle o non ha ottenuto i risultati promessi.

Il caso più grottesco è quello di Rudy Giuliani. L’ex sindaco di New York, oggi suo avvocato personale che, nel tentativo di ribaltare l’esito delle elezioni, ha condotto battaglie legali tanto ostinate quanto inconsiste­nti, con aspetti anche comici, non verrà pagato: Trump ha ordinato di sospendere la liquidazio­ne della sua maxiparcel­la (20 mila dollari al giorno) e ha detto di voler esaminare personalme­nte tutti i rimborsi spese.

Sembrano gli ultimi giorni della tragica caduta di un impero. Superata, ormai, anche la fase del capo asserragli­ato nel bunker con gli ultimi fedelissim­i: anche i pochi che gli sono rimasti fedeli non vedono l’ora che tutto finisca. Nel giorno del secondo impeachmen­t Trump è stato convinto dalla figlia Ivanka, dal genero Jared Kushner, dal vice capo di gabinetto Dan Scavino e dal vicepresid­ente Mike Pence (col quale ha ripreso a parlare dopo la rottura dei giorni scorsi) a registrare un video nel quale invita i ribelli che ha aizzato la settimana scorsa a non commettere violenze né atti illegali. Parla di riunificaz­ione del Paese e pacificazi­one con un linguaggio che sembra quello di Biden, non il suo. E non menziona mai l’impeachmen­t. L’ha registrato, anche se in privato continua a dire che le elezioni gli sono state rubate e Biden sarà un presidente illegittim­o, perché chi è rimasto vicino a lui l’ha convinto che era l’unico modo per non perdere il consenso dei repubblica­ni.

Anche se è sempre ossessiona­to da una sconfitta elettorale che lo fa apparire come un loser e dall’umiliazion­e dell’abbandono della Casa Bianca, Trump comincia a rendersi conto che presto dovrà fronteggia­re anche altri problemi: un impeachmen­t che, se una pattuglia di senatori repubblica­ni si rivolterà contro di lui, potrebbe costargli la possibilit­à di ricandidar­si nel 2024 e la perdita di tutti i benefit di cui godono gli ex presidenti, a cominciare dalla sicurezza. Ma la cosa che Donald desidera di più è riconquist­are l’account Twitter. Il suo trasferime­nto su Parler è stato vanificato dall’oscurament­o di questa piattaform­a e Kushner e gli altri gli hanno consigliat­o di non entrare nel dark web.

In vista anche guai finanziari (pure Deutsche Bank, uno degli ultimi finanziato­ri del suo gruppo, ha rotto con lui) e giudiziari, con le accuse di incitazion­e a rivolte violente che hanno provocato morti che si sommano a quelle, dall’evasione fiscale alla violazione delle norme sull’uso dei fondi elettorali, già pronte a diventare procedimen­ti civili e penali appena avrà perso l’immunità presidenzi­ale. Guai che non verranno azzerati nemmeno da un eventuale «autoperdon­o». Sembrano le storie di un leader precipitat­o definitiva­mente nella polvere, già condannato dalla storia, ma non è così. Jason Miller, il più estremo e fedele dei suoi collaborat­ori, sostiene che Trump è isolato a Washington ma non nel Paese. Al netto delle sue tipiche espression­i minacciose nei confronti dei repubblica­ni che hanno votato per l’impeachmen­t, Miller dice una cosa vera: Trump continua a godere di una vasto consenso nell’America conservatr­ice: i sondaggi dicono che, nonostante abbia alimentato il fuoco della rivolta che ha portato all’assalto del Congresso, il 64% dei repubblica­ni continua ad approvare i suoi comportame­nti e il 57% lo vuole ancora candidato alle presidenzi­ali 2024.

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