Il cognome del padre ai figli, i dubbi della Consulta La Corte valuterà la costituzionalità della norma che vieta di scegliere solo quello materno
È costituzionale che a tutti i bebè venga dato il cognome paterno? A mettere in dubbio la regola base del diritto di famiglia è stata ieri la Corte Costituzionale sollevando una questione che gli stessi giudici dovranno dirimere.
Lo ha fatto con una ordinanza, relatore Giuliano Amato, della quale si attendono ora le motivazioni, ma che appare già di per sé una rivoluzione culturale. E va oltre il principio già stabilito dalla stessa Consulta nel 2006, ovvero che la madre ha il diritto di assegnare al figlio il proprio cognome in aggiunta a quello del padre. Qui c’è di più. Si tratta di stabilire se la madre possa assegnargli solo il proprio.
Tutto nasce a Bolzano, dove il Tribunale era stato chiamato a decidere sulla richiesta di dare il cognome della mamma a un bambino, riconosciuto da entrambi i genitori naturali. E aveva sollevato la questione di costituzionalità sull’articolo 262 del Codice Civile. Quello che declina la regola generale, valida per tutti, dell’obbligo del cognome paterno ai figli nati al di fuori del matrimonio. E prevede che il figlio se «il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori assuma il cognome del padre».
Il Tribunale aveva ricordato proprio quella pronuncia del 2006, che dava la possibilità alla donna di aggiungere il proprio cognome accanto a quello del padre del neonato, e aveva messo in evidenza come invece non sia disciplinato il caso in cui i genitori, di comune accordo, intendano attribuire il solo cognome della madre. Per questo, aveva chiesto ai giudici della Corte se l’articolo 262 del Codice Civile non fosse in contrasto sia con l’articolo 2 della Costituzione, sotto il profilo della tutela dell’identità personale, sia con l’articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo del riconoscimento dell’eguaglianza tra donna e uomo, oltre che con gli articoli 11 e 117, in relazione a principi espressi nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, inerenti il rispetto della vita privata e della vita familiare e il divieto di discriminazione.
Ma i giudici delle Consulta, al termine della Camera di Consiglio, hanno ritenuto che ci fosse una «questione pregiudiziale» da dirimere rispetto a quella sollevata a Bolzano, ovvero la legittimità della regola dell’assegnazione obbligatoria del cognome paterno a tutti i bambini. E il collegio ha deciso di sollevare davanti a sé stesso la questione di costituzionalità.
Una volta depositate le motivazioni dell’ordinanza, che si attendono nelle prossime tre settimane, verrà fissata un’udienza nella quale i «giudici delle leggi» discuteranno se la regola risponde ai criteri costituzionali o se invece va rivolto un invito a cambiarla. Ma è chiaro che per il legislatore è già suonato il campanello a riflettere.