I SACRIFICI DI UN EX GIOVANE E QUELLI DEI NOSTRI RAGAZZI
Caro Aldo, vedo che pubblicate molte lettere sui «disagi» degli studenti di oggi. Ho iniziato a lavorare a 14 anni (essendo orfano di padre) subito dopo le scuole medie, come garzone in una officina (primo incarico: scopare l’officina tutte le mattine). Ho frequentato poi un corso serale in un Istituto tecnico per disegnatori meccanici, con orari 19/22.30 che raggiungevo in bicicletta attraversando mezza Milano, pioggia, neve, vento che sia. Poi, volendo elevare il mio livello professionale, mi sono iscritto a un corso per periti industriali per studenti lavoratori serale (6 anni, orari 19/23, il sabato dalle 14 alle 19, dove mi sono regolarmente diplomato). La domenica mattina, messa; il pomeriggio, sui libri. A militare, per non perdere un anno scolastico, ho dato tutti gli esami (17 materie) come privatista, promosso. Basta come curriculum? Eppure non mi sentivo «disagiato», bensì fortunato, perché avevo un lavoro e potevo frequentare una scuola. Franco Griffini francogriffini@libero.it
Caro Franco,
La sua generazione ha fatto sacrifici che la mia e quelle successive non possono neanche immaginare. Va detto però che la sua storia sarebbe apparsa privilegiata a mio nonno, che andò a fare il garzone in una macelleria altrui a 12 anni, e all’altro nonno, che a 18 era nelle trincee della Grande Guerra. Venendo all’attualità: non c’è dubbio che gli adolescenti e i ventenni stiano pagando un prezzo molto alto alla pandemia. Per questo ho proposto di partire da loro, oltre che dagli over 80, con la vaccinazione; e di varare un piano per consentire a chi lo desidera di fare stage ed esperienze sia nella Pubblica amministrazione, sia nelle aziende. Mi dicono che sui social sono coperto di insulti, perché avrei fatto l’apologia del lavoro gratuito, quindi dello sfruttamento. È vero il contrario: solo attraverso stage ed esperienze, formazione e specializzazione, si crea lavoro qualificato e stabile. In caso contrario si condanna una generazione al precariato e al reddito di cittadinanza (finché ci sono i soldi). Sento però parlare poco della mancanza di prospettive di lavoro, e molto dell’impossibilità di godersi discoteche e happy hour. Mi rendo conto che c’è anche un problema di socialità, il quale non merita ironie ma va preso sul serio. Scusate se personalmente mi sento più angosciato dal tema del lavoro.