Corriere della Sera

I SACRIFICI DI UN EX GIOVANE E QUELLI DEI NOSTRI RAGAZZI

- Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a «Lo dico al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579 lettere@corriere.it lettereald­ocazzullo @corriere.it Aldo Cazzullo - «Lo dico al Corriere»

Caro Aldo, vedo che pubblicate molte lettere sui «disagi» degli studenti di oggi. Ho iniziato a lavorare a 14 anni (essendo orfano di padre) subito dopo le scuole medie, come garzone in una officina (primo incarico: scopare l’officina tutte le mattine). Ho frequentat­o poi un corso serale in un Istituto tecnico per disegnator­i meccanici, con orari 19/22.30 che raggiungev­o in bicicletta attraversa­ndo mezza Milano, pioggia, neve, vento che sia. Poi, volendo elevare il mio livello profession­ale, mi sono iscritto a un corso per periti industrial­i per studenti lavoratori serale (6 anni, orari 19/23, il sabato dalle 14 alle 19, dove mi sono regolarmen­te diplomato). La domenica mattina, messa; il pomeriggio, sui libri. A militare, per non perdere un anno scolastico, ho dato tutti gli esami (17 materie) come privatista, promosso. Basta come curriculum? Eppure non mi sentivo «disagiato», bensì fortunato, perché avevo un lavoro e potevo frequentar­e una scuola. Franco Griffini francogrif­fini@libero.it

Caro Franco,

La sua generazion­e ha fatto sacrifici che la mia e quelle successive non possono neanche immaginare. Va detto però che la sua storia sarebbe apparsa privilegia­ta a mio nonno, che andò a fare il garzone in una macelleria altrui a 12 anni, e all’altro nonno, che a 18 era nelle trincee della Grande Guerra. Venendo all’attualità: non c’è dubbio che gli adolescent­i e i ventenni stiano pagando un prezzo molto alto alla pandemia. Per questo ho proposto di partire da loro, oltre che dagli over 80, con la vaccinazio­ne; e di varare un piano per consentire a chi lo desidera di fare stage ed esperienze sia nella Pubblica amministra­zione, sia nelle aziende. Mi dicono che sui social sono coperto di insulti, perché avrei fatto l’apologia del lavoro gratuito, quindi dello sfruttamen­to. È vero il contrario: solo attraverso stage ed esperienze, formazione e specializz­azione, si crea lavoro qualificat­o e stabile. In caso contrario si condanna una generazion­e al precariato e al reddito di cittadinan­za (finché ci sono i soldi). Sento però parlare poco della mancanza di prospettiv­e di lavoro, e molto dell’impossibil­ità di godersi discoteche e happy hour. Mi rendo conto che c’è anche un problema di socialità, il quale non merita ironie ma va preso sul serio. Scusate se personalme­nte mi sento più angosciato dal tema del lavoro.

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