Zone rosse, proteste e ricorsi
Il decreto: sì alle seconde case anche fuori regione. Meno dosi di vaccino dalla Pfizer, l’ira di Roma L’Italia torna divisa in tre colori. La Lombardia si oppone: punizione immeritata
Tornano le zone rosse. Da domani stretta in Sicilia, Lombardia e provincia di Bolzano. Dodici Regioni in fascia arancione e sei in gialla. Ma scoppia la rivolta. Il governatore lombardo Attilio Fontana annuncia ricorso. La nuova ordinanza autorizza gli spostamenti nelle seconde case, anche se fuori dalla regione. Sul fronte vaccini, Pfizer fa sapere che consegnerà all’Italia 136 mila fiale in meno alla settimana. L’ira di Roma.
Cambiano i colori dell’Italia. Lombardia, provincia di Bolzano e Sicilia si tingono di rosso. Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Umbria e Valle d’Aosta si aggiungono all’arancione di Calabria, Emilia-Romagna e Veneto. Restano gialle Basilicata, Campania, Molise, Trento, Sardegna e Toscana.
Le nuove zone entrano in vigore da domani con l’ordinanza firmata dal ministro Roberto Speranza. Ma Lombardia e Bolzano annunciano ricorsi e non accettano la classificazione, definita «ingiusta». La giunta altoatesina addirittura si è subito riunita in seduta straordinaria e ha deciso di non inasprire le limitazioni attualmente in vigore. Sarà chiesta «una verifica all’azienda sanitaria per avere le basi scientifiche e giungere a una decisione che sia la più adeguata possibile». E Speranza: «Rispettare le ordinanze è decisivo se non si vuol perdere il controllo del contagio». In Sicilia il presidente Musumeci, firmando l’ordinanza regionale, ha parlato di «dati allarmanti e di scelta obbligata», mentre il Pd ha chiesto le sue dimissioni da commissario per «l’incapacità nel gestire l’epidemia».
Secondo il monitoraggio della cabina di regia, l’organismo creato per elaborare i dati locali, non c’è in tutto il Paese
un solo Comune che non sia stato segnato dal virus. La crescita dell’epidemia è controllata con fatica, le terapie intensive soffrono e «si osserva un peggioramento generale» caratterizzato da un incremento di incidenza dei nuovi casi «comunque contenuto grazie alle misure di mitigazione adottate nel periodo festivo». Era molto attesa la pubblicazione di questo rapporto che fotografa gli effetti del periodo 23 dicembre 2020-5 gennaio 2021. I giorni più pericolosi sul piano della diffusione dei contagi, arginati con il Dpcm «Natale» che ha previsto chiusure di attività e divieti di spostamento.
I risultati si sono visti. Senza barriere l’epidemia sarebbe dilagata, invece grazie alle restrizioni gli effetti più drammatici per ora sono stati evitati. Lo spiega Giovanni Rezza, direttore della Prevenzione del ministero della Salute: «Durante le feste la tendenza all’aggregazione può aver influito sull’aumento della velocità virale che però è stata rallentata grazie alle misure di controllo».
Malgrado questo freno, l’Rt è salito a 1,09, in aumento da 5 settimane. La fase resta delicata «e un nuovo, rapido aumento nelle prossime settimane è possibile, qualora non venissero mantenuti rigorosamente interventi di mitigazione nazionali e regionali», scrivono i tecnici. La preoccupazione è evidente, si teme un’impennata e non si può non tener conto di quanto sta succedendo in Germania, Spagna, Francia e Gran Bretagna. L’Italia ha saputo mantenere la rotta meglio di altre Nazioni: ma quanto reggerà?
Ecco l’analisi: si osserva per la seconda settimana consecutiva un aumento dell’incidenza, 369 casi per 100 mila abitanti contro 313. Lo scarto tra i due valori è più marcato in Veneto, provincia di Bolzano, Emilia-Romagna e Friuli -Venezia Giulia. In generale «siamo ancora lontani da livelli che permetterebbero il completo ripristino sull’intero territorio nazionale dell’identificazione dei casi e del tracciamento dei contatti». Per poterlo fare si dovrebbe tornare sotto i 50 casi ogni 100 mila abitanti.
Un altro segnale di allarme è l’occupazione delle terapie intensive, sopra la soglia critica del 30% in 12 regioni, con diverse «allerte» segnalate.
Due fattori caratterizzano questa fase. Li segnala Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità: «L’età media dei contagiati si è abbassata, soprattutto i giovani si infettano, elemento da guardare con molta attenzione». La nota positiva: «La curva della mortalità è in decrescita, anche se più lenta».
Nel bollettino giornaliero di ieri per la prima volta è crollata l’incidenza dei positivi, in rapporto ai test dal 10,7% del giorno precedente all’attuale 5,9%. È l’effetto del nuovo sistema di calcolo che prevede l’inserimento dei tamponi antigenici (ieri 116.859), oltre ai molecolari (156.647). Se l’incidenza si basasse solo sui molecolari sarebbe sul 10,3%
Ieri i nuovi casi sono stati 16.146, + 0,7%; 477 i morti per un totale di 81.325 vittime da febbraio 2020. Dall’inizio dell’epidemia almeno 2.352.423 persone hanno contratto il virus, compresi guariti e morti.