Ristori e deficit, ora Gualtieri riscrive le regole
Arretrati delle tasse pagabili in due anni. Così la strategia sulla Cig
L’Europa preoccupata per la crisi politica in Italia e un nuovo scostamento di bilancio. Il ministro dell’Economia Gualtieri rassicura Bruxelles: deficit sotto controllo.
Per Roberto Gualtieri quella di ieri è stata una giornata difficile in modo nuovo, perché dall’Italia si stava propagando in Europa l’impatto di due eventi recenti: una crisi di governo che a Bruxelles per ora crea più sconcerto che allarme; ma soprattutto, a crisi aperta e bilancio annuale da 40 miliardi di euro di deficit supplementare in esecuzione da appena dieci giorni, già un nuovo scostamento di bilancio (cioè ancora più deficit) per altri 32 miliardi. Eppure quattro giorni prima lo stesso ministro dell’Economia aveva detto al «Corriere» che l’intervento sarebbe stato di 24 miliardi: in 96 ore di pandemia e convulsioni politiche era già cresciuto di otto miliardi, in gran parte spesa corrente.
Niente di tutto questo è passato inosservato a Bruxelles. Le domande sulla rotta del Paese dal debito pubblico più alto dopo la Grecia tornano anche ora che le regole di bilancio sono sospese. Gualtieri lo sa. Dal resto d’Europa non c’è pressione su di lui per il risanamento, non quest’anno. C’è però molta attenzione e un po’ di preoccupazione sulla qualità della spesa deliberata da una maggioranza precaria e alla ricerca affannosa di consenso. In legge di bilancio c’è persino un aumento di stipendio per i Prefetti, non esattamente una priorità in piena pandemia.
È anche per rispondere a questi interrogativi che ieri Gualtieri ha parlato con Paschal Donohoe, l’irlandese che da luglio è presidente dell’Eurogruppo dei ministri finanziari dell’area euro. Poco prima il ministro aveva sentito vari altri esponenti delle istituzioni e dei governi europei. A tutti ha dato la stessa spiegazione delle dinamiche, di come limare l’entità dei ristori e ha fornito nuovi dati di finanza pubblica (non ancora ufficiali).
Prima di tutto le grandezze stimate al ministero dell’Economia sui conti dello Stato. Le sorprese migliori riguardano il debito del 2020, che risulterà alla fine più basso del temuto al 156,5% del prodotto lordo (contro il 158% atteso). È l’effetto di un fabbisogno l’anno scorso enormemente cresciuto con le misure per Covid — a 158,8 miliardi — ma anch’esso inferiore alle attese. Così il deficit sul 2020 da presentare a Bruxelles dovrebbe essere confermato fra il 10,5% e il 10,8% del Pil, sempre che l’agenzia europea Eurostat non richieda alcune revisioni contabili oggi in corso. Quanto al 2021, in questo momento il governo punta a un deficit all’8,8% del Pil e — novità meno positiva, ma prevedibile — un debito al 158,5%: di nuovo in aumento dato un rimbalzo dell’economia meno forte e maggiori spese per i settori e i lavoratori colpiti dalla pandemia. Di certo però — per il momento — nessuna delle misure di deficit supplementare ha forza di legge oltre il 2021.
L’economia per ora non va molto peggio delle stime, ha detto Gualtieri ai suoi interlocutori; eppure i ristori e le altre misure di sostegno andranno oltre il previsto perché — ha spiegato — la stretta sanitaria sta diventando più lunga e dura. Di qui anche le spese deliberate in questi giorni. L’ulteriore sfondamento da otto miliardi di giovedì notte si spiegherebbe, per il ministro, con tre fattori: cassa integrazione e altre misure simili da rifinanziare per altre 18 settimane e 5,5 miliardi; sostegno alle società di trasporto; infine, una suddivisione in due anni dei pagamenti sui 50 milioni di cartelle esattoriali per cinque miliardi in totale in arrivo nelle case degli italiani.
L’idea è che metà delle cartelle arretrate siano pagabili nel 2022, ufficialmente per evitare assembramenti negli uffici postali o dell’Agenzia delle Entrate ora che Covid-19 infierisce. Resterà poi da capire se tra un anno, a campagna elettorale vicina, il governo si farà prendere da altre remore.
Il messaggio più significativo di Gualtieri ai colleghi europei riguarda però i ristori: il ministro vuole iniziare a versarli sulla base dei costi fissi che le imprese devono sostenere (al netto della cassa integrazione ai dipendenti), non più sui fatturati degli anni precedenti. Non sarebbe solo un modo efficace per prevenire richieste un po’ arbitrarie: è una riduzione netta dei ristori a semplice copertura delle spese vive che le aziende devono sostenere. Non un euro di più. La Francia si sta già muovendo in questo senso. Gualtieri vorrebbe farne un approccio comune europeo, probabilmente anche per condividere con i colleghi dell’Unione l’impopolarità di una misura del genere. Non sarà facile però convincere il governo italiano al passo successivo: usare la nuova disponibilità di cassa integrazione per avviare da fine marzo lo scongelamento del blocco dei licenziamenti.
Gualtieri capisce di essere fra due fuochi: garante in Europa per una maggioranza propensa a spendere per mascherare le proprie crepe; garante in Italia per regole e logiche europee che lui stesso non vuole smantellare. Da Bruxelles si segue lo spettacolo con una convinzione crescente: l’Italia sarà costretta a stare in riga, perché il Recovery Fund prevede vincoli che in Europa si intende applicare in modo stringente. A partire da riforme non di facciata della giustizia e dell’amministrazione, da garanzie che l’assetto delle pensioni del 2012 verrà difeso dopo la fine di «quota 100» e dalla certezza che le concessioni balneari finiranno finalmente sul mercato. Senza tutto questo, si pensa a Bruxelles, l’Italia i bonifici del Recovery non li vedrà proprio.
Le preoccupazioni nella Ue per le scelte del governo e i vincoli sul Recovery