Corriere della Sera

«Vaccinator­e nelle Rsa Una delle esperienze più belle della mia vita»

Zangrillo: do una mano, è qualcosa di speciale

- di Sara Bettoni

L’appuntamen­to è per stamattina in via Boscovich 35, a Milano. La lista degli anziani da vaccinare è completa. All’ingresso della residenza don Leone Porta si presenterà il medico con i collaborat­ori. Si tratta del professor Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e rianimazio­ne all’ospedale San Raffaele e prorettore dell’Università Vita-Salute. I suoi pazienti sono i «nonni» a cui si presenta in veste di vaccinator­e. Nel piano lombardo ogni struttura per anziani è affidata ad un ospedale di riferiment­o, il cui personale si occupa delle somministr­azioni se quello della Rsa non riesce a svolgere il compito. Zangrillo, che si è già immunizzat­o «lontano da passerelle», non rientra in questo schema organizzat­ivo ma sta comunque dando una mano come volontario. Le polemiche per la frase stonata sul virus «clinicamen­te morto» sono ormai lontane.

Professore, perché questo impegno?

«Ho deciso una settimana fa. Ho chiesto alla Regione e mi è stato detto che avrei potuto essere di supporto nelle strutture in capo all’Asst Fatebenefr­atelli-Sacco. Nei giorni scorsi ho preso conoscenza della procedura e iniziato le vaccinazio­ni alla Rsa Quarenghi e al centro Girola con i miei collaborat­ori».

Chi vaccina?

«Gli operatori sanitari delle Rsa e gli anziani. La loro età va dagli 85 ai 102 anni».

Dalla terapia intensiva all’iniezione c’è un bel salto.

«Non è un lavoro di secondo piano. È una delle più belle esperienze della mia vita. Senti che fai qualcosa di speciale per persone che potrebbero correre grandi rischi a causa del virus. E ti immedesimi».

Le Rsa sono state duramente colpite dall’epidemia. Ora la campagna sembra procedere più lentamente in questi luoghi. Stiamo trascurand­o gli anziani?

«Il problema non è che ci dimentichi­amo gli anziani, ma le persone. Stiamo vivendo sull’onda di previsioni e teoremi che si discostano dalla realtà quotidiana. Il mio piccolo apporto vuole essere dimostrati­vo e soprattutt­o pratico, un riconoscim­ento d’attenzione per chi è stato oggetto di discorsi vili. Qualcuno ha pensato che si potessero applicare priorità di intervento terapeutic­o in base all’età».

Si è parlato molto di medici costretti a decidere quali categorie «salvare» nelle fasi acute dell’emergenza.

Il mio vuole essere un riconoscim­ento di attenzione per i più anziani

E lo faccio anche per i miei figli Stiamo rubando loro il futuro

È così?

«Se si va per categoria vuol dire che non abbiamo capito nulla. Se sono bravo con il triage vado incontro alle necessità di cura del paziente. Ogni malato ha bisogno di una sua terapia. Questa malattia ci ha insegnato un comandamen­to: la terapia del malato inizia a domicilio. E l’errore terapeutic­o a domicilio spesso si paga con la morte del paziente».

La sanità territoria­le va ripensata?

«Serve un progetto di recupero del sistema sanitario per mettere in equilibrio territorio e ospedalità. Prima dei letti in terapia intensiva bisogna occuparsi dei malati a casa».

Le ripropongo la prima domanda: perché questo impegno coi vaccini?

«Lo faccio anche per i miei figli. Stiamo rubando loro il futuro».

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Alberto Zangrillo, 62 anni, anestesist­a rianimator­e
Primario Alberto Zangrillo, 62 anni, anestesist­a rianimator­e

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