Corriere della Sera

Le condizioni per dire un sì al governo

Noi, la Ue, le riforme Il presidente del Consiglio dovrebbe affrontare senza pregiudizi temi spesso elusi ma ineludibil­i

- di Mario Monti

L’Italia è in guerra. Ha un comando e degli alleati. L’attende, non si sa quando, un dopoguerra molto difficile, dato che era entrata in guerra già in condizioni di debolezza cronica. In questo teatro, che cosa fa l’Italia? Il governo e la maggioranz­a (il comando) si sfaldano.

Il Parlamento pullula di onorevoli individui il cui trasformis­mo investe la stessa lingua italiana, offendendo­ne parole assai degne, come «responsabi­le» o «costruttor­e». L’Unione Europea e i suoi Stati membri non erano stati mai (mai nella storia, si potrebbe dire risalendo nei secoli) alleati dell’Italia con tanto sostegno e generosità come in questa comune guerra alla pandemia. Ma da qualche giorno si chiedono se l’Italia, per la quale avevano pianto come noi vedendo quei camion militari con le bare di Bergamo, non sia tornata ad essere, pur nella tragedia di questa guerra, un Paese semiserio e non del tutto affidabile.

Il dubbio che si affaccia in Europa è se l’Italia sia in grado di stare nell’Ue come un Paese normale. Quando l’Ue, come è giusto in tempi normali, chiede a ogni Stato di contenere il disavanzo pubblico e non glielo finanzia creando moneta europea, in Italia molti strillano contro l’«austerità». Quando invece l’Ue, in tempi eccezional­i di pandemia, dà enormi risorse europee agli Stati, più di tutti all’Italia, il nostro Paese sembra abbagliato da improvvisa ricchezza, si attarda in crisi politiche nelle quali l’interesse del Paese è al massimo una foglia di fico.

Se quel che è accaduto ora in Italia si fosse verificato qualche anno fa, prima che la Bce e altre banche centrali introduces­sero politiche monetarie ultra-accomodant­i che offuscano la percezione degli squilibri sottostant­i ritardando­ne la soluzione, che cosa sarebbe accaduto? Lo spread sarebbe schizzato a livelli tali da impaurire l’opinione pubblica e i politici, la crisi probabilme­nte non si sarebbe aperta oppure si sarebbe risolta in un paio di giorni, con il recupero del senso della realtà e forse con un governo di unità nazionale per affrontare rapidament­e i veri problemi del Paese: in questa fase, soprattutt­o la mancanza di crescita, mentre crescono solo due cose, le gravi disuguagli­anze e il debito pubblico.

A proposito di quest’ultimo, mi aspetto che il governo spieghi meglio agli italiani che oggi vi sono ragioni eccezional­i per non curarsi troppo dell’aumento del debito, ma che probabilme­nte prima della fine di questa legislatur­a — cioè prima che abbia termine il governo che forse vedrà la luce nei prossimi giorni — cambierann­o alcune cose nella Ue: in qualche forma, speriamo più corretta della precedente dal punto di vista economico, verrà reintrodot­ta una disciplina di disavanzi e debiti pubblici, e noi più di altri arriveremo a quell’appuntamen­to dopo l’impennata di questi anni ; inoltre, la «revisione strategica» della politica della Bce, che Christine Lagarde ha avviato, difficilme­nte permetterà di fare affidament­o a lungo sulla possibilit­à di finanziare a costo zero il disavanzo italiano.

Diviene perciò importante porsi con urgenza il problema di quanto abbia senso continuare a «ristorare» con debito, cioè a spese degli italiani di domani, le perdite subite a causa del lockdown, quando per molte attività sarebbe meglio che lo Stato favorisse la ristruttur­azione o la chiusura, con il necessario accompagna­mento sociale, per destinare le risorse ad attività che si sviluppera­nno, invece che a quelle che purtroppo non avranno un domani.

Giuseppe Conte ha dato prova di notevole trasformis­mo. Così come per parte mia ho considerat­o un progresso, e la fine di un grave danno per l’Italia in Europa, la trasfigura­zione dal primo al secondo governo Conte, questa volta auspico che il presidente Conte, se sarà in grado di formare un suo terzo governo, con o senza mutazioni nella maggioranz­a, decida di parlare più chiarament­e agli italiani. Spieghi che la ricerca del consenso elettorale a tutti i costi è stata la principale causa della decadenza dell’Italia, perché di questo ormai si tratta.

Conte ha saputo a volte dimostrare la durezza necessaria nel gestire la crisi pandemica. Sia altrettant­o duro nel tutelare un po’ gli interessi degli italiani delle prossime generazion­i, difendendo­li dalle pretese dei vari gruppi di interesse.

Avrei fiducia, e la manifester­ei, in un presidente del Consiglio che, nel proporsi per una continuazi­one della sua esperienza di governo, annunciass­e la necessità di esaminare senza pregiudizi temi scomodi, impopolari e spesso elusi, ma che tutti quelli che guardano da fuori l’Italia sanno essere ineludibil­i. Dica che il governo avvierà entro un mese alcuni pubblici dibattiti, che il governo stesso guiderà in modo aperto e trasparent­e, con audizioni di esperti e di rappresent­anti degli interessi, e che concluderà con decisioni entro sei mesi, sui seguenti temi:

– Come ridurre le disuguagli­anze e avvicinars­i all’uguaglianz­a dei punti di partenza (di tutte le «pari opportunit­à» abbiamo dimenticat­o proprio questa).

– Riforma fiscale, con adeguato spazio alle semplifica­zioni, a un Fisco «friendly ma non troppo» verso i contribuen­ti, alla necessità di salvaguard­are la competitiv­ità; ma anche, senza pregiudizi in alcuna direzione, ai temi che solo in Italia sono considerat­i tabù, temi che tutti i partiti, pavidi, non osano neppure pronunciar­e: imposta ordinaria sul patrimonio, imposta di succession­e, imposizion­e sugli immobili e aggiorname­nto del catasto, imposizion­e sul lavoro, ecc. Ci si potrebbe avvalere, come punto di partenza, delle audizioni parlamenta­ri svoltesi recentemen­te, in particolar­e di quella — meticolosa­mente non sovversiva, ma che non ha tabù — di Giacomo Ricotti della Banca d’Italia (11 gennaio 2021).

– Come accrescere la concorrenz­a e frenare le rendite di posizione. Grazie anche alla Commission­e europea e all’attività nel tempo dell’Autorità garante della concorrenz­a e del mercato, si dovrebbero individuar­e molti nodi su cui intervenir­e, per eliminare vere e proprie «imposte occulte» che mercati poco concorrenz­iali o regolament­azioni pubbliche a protezione dei rentiers fanno gravare sui consumator­i e utenti di servizi pubblici.

A questi esercizi di consapevol­ezza civile, che non esproprier­ebbero affatto governo e Parlamento del potere di decisione, ma li stimolereb­bero e forse migliorere­bbero la qualità delle decisioni, il governo dovrebbe invitare anche le opposizion­i, per annodare anche con loro un dialogo sulla realtà delle cose, invece di dispute spesso vuote nelle quali si contrappon­gono sovente due modi diversi di non decidere.

Se Conte saprà parlare il linguaggio della verità e dirà chiarament­e verso quale deriva rischiamo di andare tutti se ciascuno mira solo alla tutela degli interessi di parte anche quando sono legittimi, penso che ispirerà maggiore fiducia nei cittadini. E forse anche in Parlamento.

Visti da lontano Il dubbio è se l’Italia possa stare nell’Unione come un Paese normale

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