Corriere della Sera

Varianti brasiliane, paura nel mondo L’Italia blocca i voli

Il colosso Usa: meno vaccini solo per una settimana, non quattro Arcuri: il mercato non deve mai calpestare il diritto alla salute

- di Margherita De Bac e Lorenzo Salvia

C’è una nuova variante del virus, si è sviluppata a Manaus, in Brasile e l’Italia ha deciso di bloccare i voli. Cresce la paura nel mondo. Nuovo piano di Pfizer per contenere i ritardi nella distribuzi­one dei vaccini.

Dopo la tempesta non c’è la quiete, perché restano la tensione e montano i sospetti. Ma almeno il tentativo di rimettere insieme i cocci. Quasi da separati in casa. Pfizer promette che durerà solo una settimana il taglio del 29% delle forniture di vaccino, annunciato due giorni fa senza preavviso tra le proteste dell’Italia e di mezza Europa. È una riduzione del danno: prima sembrava che la fornitura a mezzo servizio dovesse andare avanti per tre o quattro settimane. Ma è stata fatta solo con un comunicato e senza una lettera formale, lasciando un buon margine di suspense.

La mezza retromarci­a, probabilme­nte, è il frutto proprio delle proteste arrivate da tutta Europa. Ma la spiegazion­e ufficiale della sforbiciat­a — i lavori per potenziare lo stabilimen­to belga di Puurs — viene considerat­a tuttora «discutibil­e» dal governo italiano. Il commissari­o all’emergenza, Domenico Arcuri, ieri è tornato a chiedere la fornitura piena. E punta il dito in particolar­e sui tempi: «Lavoro da anni con le aziende, queste cose non le sai dal venerdì al lunedì. Qui non stiamo parlando di merendine ma di una cosa che può salvare la vita a milioni di persone».

Sembra un paradosso ma la buona notizia di ieri finisce per alimentare ancora di più i sospetti che vanno avanti da tempo. E cioè che la multinazio­nale americana possa dirottare parte delle forniture destinate all’Ue verso Stati extra europei, disposti a pagare di più. Specie verso i Paesi arabi, dove i soldi non mancano e le vaccinazio­ni vanno spedite. L’azienda smentisce seccamente. Ma il dubbio resta a Roma, in altri capitali europee e anche a Bruxelles, dove è stata presentata un’interrogaz­ione parlamenta­re. Altrimenti come sarebbe possibile che un taglio di un mese nel giro di poche ore venga derubricat­o a problema passeggero di una settimana? «Il mercato va promosso — dice Arcuri — ma non può calpestare il diritto alla salute. Nei rapporti tra una multinazio­nale e 27 Paesi l’etica dovrebbe prevalere su tutto». Magari indiretto. Ma chiaro. Anche perché l’Italia è stata penalizzat­a dal taglio più di altri Paesi. E la mossa di Pfizer preoccupa il commissari­o per i richiami che partono proprio oggi e da giovedì dovrebbero andare a regime. Non solo. La distribuzi­one del taglio fra le regioni è stata decisa direttamen­te da Pfizer senza consultare l’Italia. E questo ci costringer­à a uno «sforzo di solidariet­à nazionale» tra le regioni, per spostare le dosi laddove dovessero mancare.

Il punto è che tagli e ritardi potrebbero ripetersi. «La Pfizer è come Renzi: inaffidabi­le», dice una ruvida battuta che circola nel governo e dà la misura di come stiano le cose. Resta il fatto che quello di Pfizer è il principale vaccino disponibil­e in questo momento in tutta l’Unione Europea. E per l’Italia, più avanti di altri Paesi, rappresent­a una carta insostitui­bile. Di autorizzat­o ce n’è solo un altro, quello Moderna, ma le forniture sono appena partite e restano ancora modeste. A cambiare le cose non basta il possibile via libera al terzo vaccino, AstraZenec­a, per fine gennaio, e l’anticipo forse a fine febbraio per l’ok al quarto antidoto, Johnson & Johnson.

Al momento la nostra campagna vaccinale, più di quella degli altri Paesi europei, dipende da Pfizer. Andare allo scontro può essere una scelta tattica, necessaria nel momento del braccio di ferro. Ma non può essere la strategia di lungo periodo. Per questo la carta del ricorso resta sul tavolo. Ma il governo spera davvero che non sia necessario giocarla.

Il sospetto È che il gruppo possa dirottare parte delle fiale a Paesi extra Ue disposti a pagare di più

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