Fontana: cambiamo regole
Fontana: per il Cts non eravamo tra le aree critiche
La Lombardia da oggi è in zona rossa. Il governatore Attilio Fontana è contro la scelta del governo: «Riveda subito i parametri. Per il Cts non eravamo in una situazione critica».
«Non è più differibile. Il governo deve rivedere gli incongrui parametri che adesso regolano le aperture, le chiusure e in sostanza la vita dei cittadini». Attilio Fontana è appena rientrato a casa da una camminata. L’ultima prima del tingersi di rosso della Lombardia per almeno un paio di settimane.
Ma il sistema giusto per ottenere la revisione è impugnare il provvedimento al Tar?
«Il ricorso lo presenteremo lunedì (domani, ndr). Ma l’obiettivo è esattamente quello: ottenere il tavolo tecnico chiesto dalle Regioni che fino a qui non c’è stato. Quella è la cosa più importante».
Si attende risposte rapide?
«Dal Tar o dal governo? Sul provvedimento d’urgenza, la giustizia amministrativa è rapidissima. Il governo mi pare impegnato in altre questioni. Ma al di là della battute, c’è qualcosa che non mi spiego».
E cioè?
«Lo stesso governo aveva detto che i parametri sarebbero stati rivisti. Per giunta, nel verbale che ho potuto leggere della riunione della cabina di regia, il Cts aveva invitato a vigilare in modo specifico su alcune regioni che presentavano particolari profili di allerta. Tra queste, la Regione Lombardia non c’era».
A parte la piccola Bolzano e la Sicilia che l’ha chiesta, la zona rossa è solo per la Lombardia. Il suo sospetto è che la zona rossa per i lombardi sia tutta politica?
«Io credo nella buona fede del ministro Speranza. Se poi qualcun altro ha spinto in questa direzione, non lo so. Però, è curioso».
Da leghista si augura la caduta del governo, oppure da governatore la teme perché potrebbe interrompere percorsi già avviati?
«Io credo che il Paese abbia bisogno di un governo autorevole e forte. Tenga presente che le scelte che si faranno nei prossimi mesi incideranno sui prossimi trent’anni. E mi faccia aggiungere che un governo che nasce con l’appoggio di chi non aveva nulla in comune sarebbe legato a un capello. E non in grado di prendere decisioni importanti e, per così dire, fondative. Francamente, che il Paese possa svoltare con i “costruttori” è una cosa che mi preoccupa».
Quali sono le sue contestazioni più importanti alla zona rossa?
«Per noi sono stati disposte due settimane di sostanziale lockdown con dati basati sulla settimana tra il 23 e il 30 dicembre. La fotografia su cui è basata la stretta è datata. Anzi, superata. I numeri di oggi sono discreti, il rallentamento della corsa del virus c’è. E poi, le continue variazioni al regime cui sono sottoposti i cittadini sono devastanti».
Ora si sa che i lombardi saranno chiusi per due settimane.
«E a me due settimane in rosso mi pare tantissimo. Sono
convinto che l’arancione avrebbe garantito la stessa sicurezza, magari con una particolare attenzione sulle scuole. Ma il rosso devasta l’economia, la possibilità di fare sport, la vita…».
Dpcm che si succedono, ordinanze regionali… fare confusione è facile. Questo non dà ragione a chi dice che anche in sanità si dovrebbe tornare al buon vecchio centralismo?
«Ma lei scherza… se le Regioni non ci fossero state, questa pandemia sarebbe stata una catastrofe. Molti dei provvedimenti più efficaci sono usciti dalla Conferenza delle Regioni e poi adottati dal governo».
In questo anno, o quasi, di epidemia qual è, secondo lei, la responsabilità più grave del governo?
«Senza dubbio la fase iniziale. Non c’è stata sufficiente attenzione, noi non siamo stati allertati, non sapevamo nulla. Ma sulla base di quello che poi è emerso, le relazioni consegnate al governo prima del disastro, beh… qualcosa di più si sapeva. Meglio però dare addosso alla Lombardia e a Fontana. Volevano persino denunciarmi per la mascherina».
Parla di quando l’hanno accusata di procurato allarme?
«Ma sì, ci diedero dei disfattisti, mi si disse che avrei dovuto risarcire il danno d’immagine al Paese. Una cosa che peraltro è continuata. Guardi la vicenda dei vaccini...».
Non eravate in ritardo?
«Purtroppo, la stampa preferì seguire lo strillo di giornata invece che i fatti. Noi avevamo un calendario, peraltro concordato, e a quello ci siamo attenuti. Non sapevamo fosse una corsa a chi arriva prima. Se non c’è un progetto, ci si affida al caso. E infatti, ora che la Pfizer non consegna, chi ha vaccinato in fretta rischia di non poter fare il richiamo».
Sulla zona rossa c’è qualcosa che non mi spiego. Il sospetto di una scelta politica? Credo nella buona fede del ministro Speranza
La stretta si basa su una fotografia superata. I numeri di oggi sono discreti, il rallentamento della corsa del virus c’è
Sono convinto che la zona arancione avrebbe garantito la stessa sicurezza, magari con una particolare attenzione alle scuole