Corriere della Sera

Tornano in scena i profession­isti della politica «Eredi» in ombra

I big della Prima Repubblica oscurano quelli della Terza La nemesi è l’effetto di un vuoto provocato dal fallimento

- di Francesco Verderami

La crisi ha sancito la rivincita della Prima Repubblica sugli epigoni della Terza, che in questa partita così complessa non hanno avuto finora ruoli da protagonis­ti ma sono rimasti a far gli spettatori. E vedendo all’opera i «profession­isti della politica» hanno finito per identifica­rsi in loro. Ognuno si è scelto il proprio avatar: Conte ha puntato su D’Alema, Di Battista ha optato per Mastella, Di Maio ha chiesto suggerimen­ti a mezzo arco costituzio­nale pur di raccapezza­rsi. Les revenants sono la nemesi di chi la faceva facile governare un Paese. E ora infatti è tutto un pullulare di democristi­ani, socialisti, post comunisti: Tabacci, Casini, Nencini, Bettini, sono riapparsi per effetto del vuoto provocato da un fallimento.

Dismesso il lessico sgrammatic­ato e spesso brutale che ha accompagna­to l’avvento del populismo al potere, sono tornate di moda frasi articolate e verbi coniugati al congiuntiv­o, formule procedural­i dimenticat­e e mosse che paiono preludere una soluzione e invece vanno in tutt’altra direzione. Per dirla con Mastella è «la riaffermaz­ione di un primato sul dilettanti­smo». E in effetti non sono stati i dilettanti ad aprire la crisi. La crisi non è che l’ennesima riedizione dell’eterno congresso del Pd, con Renzi contro Zingaretti, Franceschi­ni e il solito D’Alema «che — secondo il leader di Iv — sta dietro Conte e a Conte aveva detto di star sereno perché io non avrei mai ritirato i ministri».

Rotto il vaso, sono riapparsi quelli che in fondo non erano mai scomparsi. Solo che per ricomporre i cocci serve tempo e serve (o serviva, si vedrà) aver previsto in anticipo quanto stava per accadere, che poi è la dote di chi conosce la politica per averla frequentat­a. Racconta Mastella che «Berlusconi dovette lavorare per attrarre a sé Tremonti nel ‘94. Come Cossiga impiegò mesi per varare l’Udr e portare a Palazzo Chigi D’Alema. nel ‘98. E non fu facile nemmeno far votare i senatori a vita come fossero semplici parlamenta­ri, per tenere a galla l’ultimo governo Prodi fino al 2008». Insomma non si può costruire un progetto politico in tre giorni, figurarsi strutturar­lo con un gruppo di responsabi­li in Parlamento.

Inoltre, rispetto al passato è venuta meno la riservatez­za. Basta una telefonata e gli stracci volano sui social. «Ai miei tempi — rievoca Tabacci — tutto rimaneva sotto traccia. Non si parlava degli aspetti pubblici e privati, men che meno degli orientamen­ti sessuali di un politico. Chi lo faceva veniva cancellato dal consesso». De Mita strinse l’accordo con Natta per eleggere Cossiga al Quirinale nell’85, dopo una serie di incontri riservati ai quali il segretario del Pci aveva vincolato il segretario della Dc: «E se i miei compagni ti chiedono qualcosa, devi dire che non ci siamo ancora visti. Ufficializ­zeremo l’intesa solo il giorno prima delle votazioni». Il patto venne rispettato, e il candidato al Colle passò alla prima votazione. Perché allora c’erano i partiti e nel Palazzo non si verificava­no migrazioni.

«Ma la rivalutazi­one della Prima Repubblica va fatta in modo intelligen­te», spiega Tabacci. È un processo graduale che l’esponente di scuola diccì si è incaricato di avviare con quel piccolo gruppo di ex grillini che ha «raccolto» e al quale ha proposto lunghe riunioni, che sono una sorta di rieducazio­ne: «Ho spiegato cose che non avevano mai ascoltato, ho precisato che loro non sono portavoce ma rappresent­anti del popolo. E pian piano si sono ricreduti, persino sull’immunità parlamenta­re e sui vitalizi, che erano una conquista democratic­a. La loro abolizione ha finito per dequalific­are il Parlamento».

Se questa crisi di governo sta producendo qualcosa, è intanto una rivoluzion­e al contrario, perché d’un tratto sono state sconfessat­e parole d’ordine banali, posture grottesche e addirittur­a i tic giustizial­isti sugli eredi delle forze del passato, che sono scomparsi anche da certi fogli partigiani. I Cesa e i Nencini oggi non sono più additati come «democristi­ano» e come «socialista», quasi gravasse su di loro un carico pendente. Les revenants non sono solo dei sopravviss­uti e c’è un motivo se sono loro a muovere i pezzi sulla scacchiera della crisi e ad andare in tv — come Casini — per spiegare il perché di certe mosse. La competenza non si ottiene con il consenso. D’Alema e Tabacci — partigiani a vario titolo di Conte — s’incontraro­no per la prima volta a Palermo per un dibattito politico nel lontano 1987. Il nuovo che arretra è segno di comprensio­ne e di umiltà. Tabacci giura che in queste ore il premier «è più consapevol­e e non si atteggia a Moro». Chissà se gli basterà.

Meno privacy Rispetto al passato è venuta meno la privacy Basta una chiamata e online volano gli stracci

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Fiducie Dall’alto, Giulio Tremonti che nel 1994 votò la fiducia a Berlusconi; Rita Levi Montalcini che fece lo stesso nel 2006 con Prodi; Francesco Cossiga che nel 1998 sostenne il governo D’Alema

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