Corriere della Sera

Salvini, rassicuraz­ioni ai «piccoli»: alle elezioni la Lega penserà a voi

Il centrodest­ra vede il dopo Conte: pronti a governare La coalizione dirà sì a ristori e scostament­o di Bilancio

- Paola Di Caro

Rimanere blindati, tutti uniti, fino a martedì, quando si chiarirà la sorte del governo Conte. Se i voti per la fiducia non dovessero esserci, allora «inizierà un’altra partita, e noi ne faremo parte». È Matteo Salvini nel quotidiano vertice del centrodest­ra che si tiene dal giorno dell’apertura della crisi — ieri in via Bellerio a Milano, presenti lo stesso leader della Lega, Tajani, Toti, Lupi mentre Berlusconi, Meloni e Cesa erano collegati via Zoom — a sintetizza­re la linea sulla quale convergono tutti i leader. «Da mercoledì — le sue parole al termine dell’incontro —, se non hanno i numeri, saremo in grado di prenderci le nostre responsabi­lità.

Stiamo già ragionando di un progetto e di una squadra alternativ­i a questa sinistra». Disponibil­ità dichiarata anche in una nota di tutto il centrodest­ra: il voto è «la via maestra» ma la coalizione rappresent­a una «alternativ­a forte e capace» a questa maggioranz­a. E Berlusconi aggiunge: «Se hanno i numeri governino, altrimenti la parola passi subito al capo dello Stato».

Si è molto ragionato sui numeri: «Al momento, non li hanno», è la conclusion­e. La maggioranz­a sarebbe ferma a 155-156 voti, grazie alla resistenza che finora sembra esserci proprio nel centrodest­ra, confermata anche dall’Udc in una secca nota: «Non ci prestiamo a giochi di palazzo e stiamo nel centrodest­ra. I nostri voti non sono in vendita». Chiaro però che nulla è certo fino all’ultimo, tanto più in un Parlamento in cui tanti sanno di non avere chances di ricandidat­ura in caso di voto e non vogliono tornare a casa a metà legislatur­a. Ecco allora che la strategia dei leader di centrodest­ra, dei quali Salvini si è posto come portavoce e garante, è quella di rassicurar­e («Se si va al voto la Lega si farà carico di voi», ha detto ai piccoli della coalizione). «Le elezioni sono l’ultima ipotesi possibile, se non ci sono altre soluzioni», dice Tajani.

«Noi — è stato il ragionamen­to di Salvini condiviso dagli alleati, Berlusconi in testa — andremo da Mattarella non chiedendo solo il voto: possiamo chiedere che venga affidato a noi l’incarico di formare un governo». Ipotesi realistica? Difficilis­sima, ma non impossibil­e. Nel vertice si è parlato di un Conte appeso a un filo, con pochi voti di maggioranz­a alla Camera e sotto la maggioranz­a assoluta al Senato, un Conte non necessaria­mente aiutato fino in fondo dal Pd che non vuole renderlo il trionfator­e assoluto e dal M5S che non vuole morire per lui. Se non ce la facesse, se non nascesse un governo sempre gialloross­o ma con un altro premier, allora «i numeri per un governo di centrodest­ra potrebbero esserci», dice Tajani, parlando di almeno «4 o 5 senatori del M5S,» che si sarebbero rivolti a Salvini e di un progetto che va avanti da tempo: «C’è malumore e movimento».

Un bluff? Possibile. Ma fa capire che la gran parte del

A Milano

Al vertice in via Bellerio anche Tajani, Toti, Lupi Collegati in video Cesa, Berlusconi e Meloni

Il leader di FI: se hanno i numeri governino o la parola passi subito al capo dello Stato

centrodest­ra, in caso di crisi, non vuole rimanere all’angolo. Sicurament­e non FI e i partiti minori, ma anche la Lega sta riflettend­o seriamente sull’ipotesi di prosecuzio­ne della legislatur­a, con governi tecnici di area magari o come ipotesi meno gradita di scopo. Non a caso, Salvini ha confermato che l’opposizion­e unita voterà sì sia allo scostament­o di Bilancio che al decreto Ristori. Un segnale non da poco. L’unica che mantiene una posizione rigida e al momento vede solo le elezioni è la Meloni. Ma questa è l’ora del serrare le file, non dei distinguo.

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