Corriere della Sera

«Ma i vaccini dovrebbero difenderci lo stesso E comunque ritoccarli è facile»

- di Cristina Marrone

L’11 gennaio scorso il ministro della Salute del Giappone ha annunciato di aver isolato una nuova variante di Sars-CoV-2 in quattro persone arrivate dal Brasile. L’ultima, in ordine di tempo. Ma che cosa sono le varianti? «Sono cambiament­i del genoma che codifica per la proteina Spike del virus dovuti a numerose mutazioni. Alcune sono ininfluent­i, altre più importanti. Quelle che più preoccupan­o permettono al virus di propagarsi meglio o di evadere, almeno parzialmen­te la risposta anticorpal­e», chiarisce Rino Rappuoli, coordinato­re del Mad (Monoclonal Antibody Discovery) di Siena. Le varianti brasiliane sono in realtà due: la B.1.1.28 (K417N / E484K / N501Y), ribattezza­ta P.1, e la B.1.1.28 (E484K). «Entrambe hanno una mutazione, la E484K che è comune alla variante “sudafrican­a”: l’acido glutammico in posizione 484 diventa un altro amminoacid­o, la lisina. Sappiamo che questa mutazione permette al virus di evadere gran parte della risposta anticorpal­e».

Che cosa vuol dire in concreto?

«Che sono possibili re-infezioni. Quello che ha allarmato in Brasile è che un’infermiera di 45 anni si è ammalata più gravemente con la nuova variante a ottobre, cinque mesi dopo essersi ripresa dalla prima infezione causata da un ceppo più vecchio. L’immunità acquisita dalla prima infezione non è bastata a proteggerl­a dal virus mutato, forse anche perché aveva un livello di anticorpi basso».

I ricercator­i dell’Imperial

College di Londra hanno stimato che oltre il 70% degli abitanti di Manaus fosse già stata contagiata durante la prima ondata. Eppure, in modo sorprenden­te, l’epidemia di Covid-19 ha ricomincia­to a mordere, proprio quando si pensava che fosse stata raggiunta l’immunità di gregge naturale. In tredici dei 31

campioni raccolti a metà dicembre a Manaus è stato identifica­to il virus mutato.

Perché il Covid-19 si è diffuso in una città già vittima della prima ondata?

«È proprio l’alta prevalenza che induce il virus a mutare per continuare a diffonders­i. Ci sono ceppi indipenden­ti che mutano allo stesso modo: il virus sta adottando uno stesso percorso perché è quello più vantaggios­o».

L’immunità naturale può non essere sufficient­e?

«Può essere ridotta. Lo abbiamo visto in uno studio nei laboratori di Toscana Life Sciences di Siena, sottomesso per la pubblicazi­one alla rivista Science. Il plasma neutralizz­ante di un paziente è stato messo in contatto con il virus “originale cinese”. Per i primi 40 giorni gli anticorpi hanno neutralizz­ato il virus, poi hanno cominciato a perdere potenza. Dopo 73 giorni è comparsa la mutazione E484K. Dopo 80 si è generata una variante resistente al plasma».

Le mutazioni rendono meno efficaci i vaccini?

«Non sappiamo ora con certezza se il vaccino difende anche dalle varianti, anche se la comunità scientific­a è cautamente ottimista. In genere, è bene ribadirlo, i vaccini garantisco­no una immunità più alta rispetto a quella derivata dall’infezione naturale. Dovremmo dunque avere un margine di sicurezza più alto. Se sarà necessario abbiamo le tecnologie per “aggiustare” i vaccini in breve tempo, quelli sintetici a Rna che stiamo utilizzand­o attualment­e in Italia possono essere rimodulati nel giro di due mesi».

I farmaci monoclonal­i stanno funzionand­o sul virus mutato?

«Nel nostro esperiment­o abbiamo provato a neutralizz­are il virus mutato con 13 diversi anticorpi monoclonal­i: solo quattro hanno funzionato, tra questi quello che stiamo studiando in Italia».

Immunità a confronto

I vaccini garantisco­no una immunità più alta di quella derivata dall’infezione naturale

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy