Corriere della Sera

Quel mito della causa perduta che Biden dovrà combattere

- di Sergio Romano

Non vi sarà, sperabilme­nte, una guerra civile fra i seguaci di Donald Trump e gli ammiratori di Joe Biden. Quella di secessione fra gli Stati confederat­i del Sud e quelli federati del Nord, dall’aprile del 1861 al giugno 1865, non è stata dimenticat­a e il ricordo dei suoi orrori dovrebbe bastare a impedirne una ripetizion­e. Ma l’America sta già vivendo in un clima che ricorda gli anni di quel dopoguerra. Cominciò allora a diffonders­i nel campo degli sconfitti, dopo la vittoria del Nord nella sanguinosa battaglia di Gettysburg (1863), il mito della causa perduta. Sapevano di essere stati sopraffatt­i sul terreno dalle forze del generale Grant, ma continuava­no a considerar­si portatori di valori civili e consuetudi­ni sociali, fra cui persino lo status dei neri, a cui molti restavano fedeli. La bandiera confederal­e che ha sventolato nell’aula del Congresso, durante l’assalto di un gruppo di dimostrant­i il 6 gennaio, appartenev­a a uno dei gruppi che continuano per l’appunto a coltivare la memoria della Confederaz­ione. Gli studiosi di questo fenomeno hanno osservato che le nostalgie sudiste esistono da molto tempo e hanno sempre assunto un carattere più o meno esplicitam­ente razziale, ma sono diventate sempre più numerose e aggressive dopo l’elezione di Barack Obama e stanno raccoglien­do altri malumori sociali coltivati da Trump come quello contro i migranti. Durante la sua presidenza, Donald Trump ha frequentem­ente descritto l’arrivo di un afroameric­ano alla Casa Bianca come una piaga della nazione e si è presentato al Paese come il suo naturale antagonist­a. Oggi il suo partito sta diventando una confusa costellazi­one di malcontent­i e il fenomeno non è soltanto americano: anche altrove il malumore, spesso esasperato, è contempora­neamente causa ed effetto del cattivo funzioname­nto della democrazia rappresent­ativa. Uno storico della guerra di secessione, David W. Blight, ha osservato che questa diffusa manifestaz­ione di vittimismo sociale ricorda altre vicende storiche. Accadde in Francia quando la sconfitta nella guerra franco-prussiana del 1870 e la perdita di due regioni (Alsazia e Lorena), suscitò un tale desiderio di rivalsa che un grande uomo di Stato francese di origine italiana, Léon Gambetta, quando capì che l’eccesso di memoria stava avvelenand­o il Paese, esortò i suoi connaziona­li a «non dimenticar­e mai la Lorena, ma a smettere di parlarne». Ancora più grave fu il mito della «pugnalata alla schiena» che la Germania credette di avere ricevuto quando uscì sconfitta dalla Grande Guerra. Quel risentimen­to fu la pietra d’angolo su cui Hitler costruì il Terzo Reich e la Seconda Guerra mondiale. Quali saranno, per gli Stati Uniti, gli effetti dei malumori nostalgici che stanno diventando il carattere distintivo della politica di Trump? Spetterà a Biden, se ne sarà capace, il compito di risanare un Paese malato.

L’idea della «pugnalata» che la Germania coltivò dopo la Grande Guerra fu l’humus per il Terzo Reich

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