Quel mito della causa perduta che Biden dovrà combattere
Non vi sarà, sperabilmente, una guerra civile fra i seguaci di Donald Trump e gli ammiratori di Joe Biden. Quella di secessione fra gli Stati confederati del Sud e quelli federati del Nord, dall’aprile del 1861 al giugno 1865, non è stata dimenticata e il ricordo dei suoi orrori dovrebbe bastare a impedirne una ripetizione. Ma l’America sta già vivendo in un clima che ricorda gli anni di quel dopoguerra. Cominciò allora a diffondersi nel campo degli sconfitti, dopo la vittoria del Nord nella sanguinosa battaglia di Gettysburg (1863), il mito della causa perduta. Sapevano di essere stati sopraffatti sul terreno dalle forze del generale Grant, ma continuavano a considerarsi portatori di valori civili e consuetudini sociali, fra cui persino lo status dei neri, a cui molti restavano fedeli. La bandiera confederale che ha sventolato nell’aula del Congresso, durante l’assalto di un gruppo di dimostranti il 6 gennaio, apparteneva a uno dei gruppi che continuano per l’appunto a coltivare la memoria della Confederazione. Gli studiosi di questo fenomeno hanno osservato che le nostalgie sudiste esistono da molto tempo e hanno sempre assunto un carattere più o meno esplicitamente razziale, ma sono diventate sempre più numerose e aggressive dopo l’elezione di Barack Obama e stanno raccogliendo altri malumori sociali coltivati da Trump come quello contro i migranti. Durante la sua presidenza, Donald Trump ha frequentemente descritto l’arrivo di un afroamericano alla Casa Bianca come una piaga della nazione e si è presentato al Paese come il suo naturale antagonista. Oggi il suo partito sta diventando una confusa costellazione di malcontenti e il fenomeno non è soltanto americano: anche altrove il malumore, spesso esasperato, è contemporaneamente causa ed effetto del cattivo funzionamento della democrazia rappresentativa. Uno storico della guerra di secessione, David W. Blight, ha osservato che questa diffusa manifestazione di vittimismo sociale ricorda altre vicende storiche. Accadde in Francia quando la sconfitta nella guerra franco-prussiana del 1870 e la perdita di due regioni (Alsazia e Lorena), suscitò un tale desiderio di rivalsa che un grande uomo di Stato francese di origine italiana, Léon Gambetta, quando capì che l’eccesso di memoria stava avvelenando il Paese, esortò i suoi connazionali a «non dimenticare mai la Lorena, ma a smettere di parlarne». Ancora più grave fu il mito della «pugnalata alla schiena» che la Germania credette di avere ricevuto quando uscì sconfitta dalla Grande Guerra. Quel risentimento fu la pietra d’angolo su cui Hitler costruì il Terzo Reich e la Seconda Guerra mondiale. Quali saranno, per gli Stati Uniti, gli effetti dei malumori nostalgici che stanno diventando il carattere distintivo della politica di Trump? Spetterà a Biden, se ne sarà capace, il compito di risanare un Paese malato.
L’idea della «pugnalata» che la Germania coltivò dopo la Grande Guerra fu l’humus per il Terzo Reich