SI DICE DUEMILAVENTUNO NON «VENTIVENTUNO»
Caro Aldo, la nostra lingua, che Dante ha praticamente «inventato», è soggetta oggi a influssi e contaminazioni sempre crescenti dall’inglese. Eppure pochi sanno che all’estero piace tantissimo. E quando si parla di made in Italy ci si riferisce al mondo del fashion o del food&drink (in inglese, manco a farlo apposta! ) senza ricordarsi dell’italiano! All’estero piace tanto anche il suo suono. In Portogallo, dove ho lavorato a lungo, durante un pranzo di lavoro, mentre stavo mettendo il telefonino in modalità silenziosa, una persona mi ha bloccato e mi ha pregato di rispondere perché le avrebbe fatto piacere sentire parlare italiano!
Caro Enzo,
I l suo commensale era una donna o un uomo di gusto. L’amore per una lingua è ovviamente soggettivo; ma credo che il fascino delle lingue neolatine sia universalmente riconosciuto. Il portoghese è musica, sia parlato nella versione più dura di Lisbona, sia in quella più dolce di Rio. Lo stesso vale per lo spagnolo, più tagliente in Castiglia, più morbido in Sudamerica. Il francese è stato letto e ascoltato in ogni epoca come la lingua della poesia e della letteratura. Va detto che anche la letteratura in inglese è sterminata. Pensi ad esempio quanto hanno contribuito — anche grazie a Hollywood e all’industria culturale anglosassone — a formare la nostra immaginazione autori come Tolkien (Il signore degli anelli), Lewis (Le cronache di Narnia), e ovviamente Swift (I viaggi di Gulliver), Defoe (Robinson Crusoe), Mary Shelley (Frankenstein), Stevenson (L’isola del tesoro), Barrie (Peter Pan), Burroughs (Tarzan), Carrol (Alice nel paese delle meraviglie)… Questo non ci impedisce di considerare l’inglese «un suono strano» che ci ferisce «al cuore come un coltello», come scrive Francesco Guccini in una canzone dedicata a un emigrante colpito che si dicesse «boss» per capo e «rifle» per fucile. Analogamente, noi oggi troviamo curioso che si dica «cashback» per rimborso e «droplets» per goccioline. L’inglesorum delle business school è insopportabile: perché scrivere «saving» anziché risparmio? Ancora peggio sono quelli che in tv dicono «ventiventi» anziché duemilaventi, o adesso «ventiventuno» anziché duemilaventuno. Torna in mente Alberto Sordi e il suo americano a Roma, che si ritrovava a strafogarsi di maccheroni.