«Sputnik ottimo Ma aspettiamo l’ok della Ue»
Magrini, direttore dell’Agenzia del farmaco: «L’idea della dose unica? Sono contrario: meglio indossare due scarpe buone che una malandata»
Il vaccino russo Sputnik? «È ottimo, ma senza attendere l’Ema sarebbe una scelta politica». Così il direttore dell’Agenzia del farmaco Magrini: «No all’unica dose a più persone, meglio due scarpe buone che una sola malandata».
«Sputnik ha dati interessanti, ma andrà approvato prima dall’Ema, come Unione Europea. Se l’Italia volesse fare una decretazione d’urgenza per saltare questo passaggio sarebbe una scelta politica, non tecnica». Molto dubbioso sul vaccino russo Nicola Magrini, direttore dell’Agenzia italiana del farmaco, Aifa.
Che dicono i dati?
«Sulla rivista Lancet sono stati pubblicati risultati molto interessanti cui si è aggiunto il parere positivo e isolato di un gruppo dello Spallanzani, che di fatto però non aggiunge nulla, anzi crea qualche dissonanza. Sputnik andrà approvato e soprattutto validato con una visita ispettiva sulla qualità di produzione dall’Ema. I contatti sono stati avviati, ma il dossier per la registrazione non è ancora stato consegnato».
Perché aspettare se il vaccino funziona e all’Italia servono dosi?
«In base allo studio su Lancet è un preparato che potremmo definire ottimo, nuovo e intelligente, con risultati di efficacia eccellenti. Altrettanto non è per quanto riguarda la trasparenza di accesso ai dati che deve essere completa. Le autorità regolatorie inoltre richiedono una documentazione aggiuntiva sulla qualità e sulla sicurezza. Solo dopo aver avuto tutte queste prove di affidabilità l’Ue darà il via libera e così anche noi».
L’Italia non potrebbe ricorrere alla decretazione d’urgenza come chiede il Lazio?
«Se un singolo Stato decide di aprire questo fronte emergenziale dipende dalla politica a livello nazionale. Io rappresento una agenzia tecnica sia per il livello nazionale che europeo».
Però gli italiani non possono essere immunizzati per insufficienza di materia prima. Come metterla?
«Guardiamo il quadro generale. La consegna del vaccino Johnson&Johnson è attesa ad aprile. Inoltre due preparati molto promettenti anche contro le varianti sono già all’esame di Ema. Si tratta di Novavax e Curevac che, se approvati ad aprile, potrebbero da maggio portare a nuovi quantitativi disponibili per il secondo trimestre 2021».
Guardiamo il quadro generale Jhonson &Jhonson sarà consegnato ad aprile. Poi arriveranno altri due preparati
Intende dire che non c’è bisogno dei russi?
«In questa pandemia c’è bisogno di tutti e degli sforzi di tutti, senza confini. Volevo dire di guardare in prospettiva. Già da aprile, i quantitativi di vaccini disponibili in Italia saranno in forte aumento. Avremo indicativamente il 50% in più delle dosi e poi da maggio un raddoppio. La campagna vaccinale avrà una svolta da giugno-luglio con 400-500 mila inoculazioni al giorno, rispetto alle attuali 100 mila. In base ai dati disponibili, visto che AstraZeneca ha ridotto i rifornimenti, per i prossimi due-tre mesi il vaccino prevalente sarà comunque Pfizer-Biontech che andrà riservato alle persone fragili o ai grandi anziani che hanno la mortalità più elevata. I rifornimenti di J&J saranno invece ideali, grazie al vantaggio della dose unica, per distribuirlo ai medici di famiglia e ad altri nuovi vaccinatori».
Aifa è favorevole alla strategia della prima dose con richiamo ritardato, sulla stessa stregua della Gran Bretagna?
«La prossima settimana ne discuteremo in due commissioni dell’Agenzia e anche il Consiglio superiore di Sanità esprimerà un proprio parere in modo indipendente. La proposta è stata formulata dalla Regione Lombardia su iniziativa dell’istituto Mario Negri e del professor Giuseppe Remuzzi in particolare. È una strategia possibile quella di favorire una vaccinazione più rapida, anche se non ottimale, del doppio delle persone. La scelta finale spetterà al ministro e al governo»
La sua idea?
«Meglio indossare due scarpe buone che una sola malandata, ma vi è ampio spazio di discussione. UK fece questa scelta al picco di 70 mila contagiati e con una disponibilità di vaccini superiore alla nostra, mentre noi oggi siamo in una situazione meno grave anche se con alcune criticità».
Sarebbe un rischio?
«Uno studio israeliano di tre giorni fa comparso sull’autorevole Nejm ha mostrato l’efficacia parziale della prima dose con Pfizer (circa il 50%) in Israele e l’altissima protezione con la seconda. I contagi, sia pur in rialzo, sono sotto controllo. Non certo come in Gran Bretagna che ha dovuto fronteggiare uno stato di grande pericolo, potendo contare oltretutto su un quantitativo di vaccini AstraZeneca nettamente più alto, il cui richiamo può essere posticipato di 12 settimane. Credo sia meglio dare la doppia dose al numero giusto di persone piuttosto che una sola al doppio di persone».