PIL SU E REDDITO A PICCO MA LA PANDEMIA SVELA I VERI CONTI DI DUBLINO
Anno nero, lo sappiamo, il 2020. Non solo per la salute pubblica, anche per l’economia. Non c’è Paese occidentale che non abbia registrato una caduta del prodotto interno lordo, un crollo del reddito e dei consumi e un aumento dei disoccupati. Con un’eccezione: anche in Irlanda il reddito nazionale è crollato, i consumi sono scesi, le persone senza lavoro sono aumentate; eppure il prodotto interno lordo (Pil) è decollato. Più 3% in piena pandemia, malgrado i lockdown. Questo risultato fa della piccola repubblica atlantica uno dei Paesi al mondo cresciuti più in fretta l’anno scorso, superato solo dalla Guyana, dal Bangladesh e dal Sudan del Sud. Nettamente meglio anche della Cina.
Una vera tigre celtica. Poco importa se ha passato l’ultimo anno in clausura totale (spesso) o comunque sempre severa. Possibile? Una seconda occhiata getta una luce diversa su quello che è successo. Il reddito nazionale lordo — ciò che gli irlandesi realmente guadagnano — crolla di nove miliardi e dunque del 3%: un risultato uguale alla recessione di tanti altri Paesi europei. Invece il prodotto interno lordo — che registra tutte le transazioni con l’estero — esplode di altrettanto. In altri termini l’economia sembra sempre più grande, mentre con Covid gli irlandesi sono diventati più poveri. La Commissione europea spiega pudicamente in un documento quel che è accaduto: il Pil di Dublino è «sospinto dalle esportazioni di aziende multinazionali specializzate in dispositivi medici, prodotti farmaceutici e servizi digitali». Questi profitti delle aziende vincenti durante la pandemia — medicali, Big Pharma e Big Tech — però non creano reddito nel Paese perché probabilmente non sono reali. Non lo sono in Irlanda. Sono profitti maturati in gran parte nel resto d’Europa e trasferiti dalle multinazionali verso la repubblica celtica, perché lì quelle possono godere di aliquote fiscali in molti casi tendenti a zero. Quel Pil non è fatto di effettive esportazioni irlandesi, ma di entrate sottratte ai contribuenti di altre economie (Italia inclusa).
In effetti la bilancia dei trasferimenti di capitali dal resto del mondo all’Irlanda mostra un rosso colossale (quasi il 3% del Pil), perché quei trasferimenti di profitti risultano contabilmente con un segno meno. Questo è il dato che fotografa la dimensione dell’elusione di profitti tassabili ai danni del resto d’Europa: oltre 120 miliardi negli ultimi quattro anni. La pandemia è un disastro senza fine. Ma almeno ha il vantaggio di mettere a nudo tutto. Anche ciò che, fin qui, restava dissimulato nella contabilità delle nazioni.