SCELTE AGRICOLE E LOTTA ALLA FAME
Caro direttore, secondo l’ultimo indice dei prezzi alimentari della Fao, i beni agricoli primari a gennaio sono aumentati per l’ottavo mese consecutivo. Anche il listino del Chicago Board of Trade, la principale borsa merci per le commodities, fotografa quello che sta avvenendo in particolare con i costi di grano, soia e mais cresciuti sensibilmente. Sono aumenti con immediate conseguenze anche su filiere strategiche come quelle zootecniche, che riducono i ricavi, già difficili, soprattutto per i piccoli produttori. Ma finita la pandemia, la corsa dei prezzi delle materie prime agricole è destinata a rientrare, oppure questi rialzi non sono che la registrazione di un cambiamento di paradigma nella supply chain alimentare globale?
Dall’altra parte è innegabile l’aumento delle rendite dei futures sui beni agricoli che hanno raggiunto performance mai realizzate. Si tratta di finanza che scommette sul prezzo di beni essenziali, dove la grande maggioranza delle transazioni non si traduce in una effettiva vendita materiale. Dunque, economia virtuale che, con le piattaforme digitali, ormai non è più solo appannaggio dei grandi fondi, ma anche di migliaia di piccoli investitori. È dunque possibile pensare all’aumento dei costi delle derrate agricole come all’eterna tendenza a speculare sui beni di prima necessità nei momenti di crisi. Ma anche un’altra lettura è ipotizzabile. E cioè che l’aumento dei prezzi anticipi futuri scenari.
Di cosa parliamo? Del fatto che, stante gli attuali tassi di crescita della popolazione mondiale, i cambiamenti climatici in atto e, non ultima, la tendenza a regimi alimentari ad alto valore proteico, anche le più ottimistiche proiezioni di crescita del Pil e della produttività agricola ben difficilmente saranno in grado di garantire cibo per tutti.
Da qui la volontà di diversi Paesi di costituire importanti scorte nazionali per garantire adeguati livelli di sicurezza, in coerenza a politiche strategiche di food security. Tutti elementi che devono fare riflettere. Il mercato sembra ormai non essere più l’unico campo di gioco per determinare domanda, offerta e condizioni di equilibrio per questi beni essenziali. Forse non è mai stato così, ma oggi la questione assume un’indubbia priorità. Bisogna discuterne. Anche perché gli obiettivi di lotta alla fame e alla povertà al 2030 sono seriamente a repentaglio, altri 130 milioni di persone rischiano la fame cronica come ha ammonito ancora recentemente Qu Dongyu, direttore generale della Fao. Tutto male quindi? Io non credo. Si può aprire una nuova stagione del multilateralismo cooperativo fra i Paesi per condividere azioni utili a contrastare gli effetti negativi di queste tendenze. Non è facile, ma è possibile e in parte sta già accadendo. Vanno proprio in questo senso le iniziative promosse dalla Fao con la Food Coalition e con lo speciale programma per la ripresa che punta a mobilitare 1,3 miliardi di dollari su assi strategici come la prevenzione delle malattie zoonotiche, il rafforzamento degli standard di sicurezza e qualità alimentare, il sostegno dei piccoli e medi produttori e dei sistemi territoriali, l’ampliamento dell’uso dei dati a supporto delle scelte agricole e nuove azioni per l’inclusione e il contrasto della povertà. Quest’anno l’Italia presiede per la prima volta il G20 e può, grazie anche a questo, svolgere un ruolo prezioso per accelerare una fase di nuove consapevolezze e responsabilità per il diritto al cibo di milioni di persone. Vice direttore generale Fao
Consigliere speciale Dg
Si può aprire una stagione di multilateralismo cooperativo per condividere azioni contro le tendenze negative