Corriere della Sera

La disfida sui droni di Sigonella «Dateci gli atti sull’accordo Italia-Usa»

I 4 anni di ricorsi di una giurista contro il no del ministero. Dalla base i raid nel Mediterran­eo

- di Luigi Ferrarella lferrarell­a@corriere.it

Quattro anni di battaglia legale sui droni statuniten­si nella base militare di Sigonella, per ritrovarsi al punto di partenza cieco sugli accordi giuridici tra Italia e Stati Uniti che regolano presenza e utilizzo in missioni militari nel Mediterran­eo di questi velivoli a pilotaggio remoto: se infatti per due volte, nel 2017 e nel 2020, il Tar del Lazio aveva ritenuto improcedib­ile il ricorso di una giurista contro il diniego all’accesso agli atti oppostole nel 2017 dal ministero della Difesa, ora per la seconda volta il Consiglio di Stato boccia di nuovo i vizi procedural­i addotti dal Tribunale amministra­tivo per dribblare una decisione di merito.

I droni sono centrali nel programma americano di «strike» antiterror­ismo in Paesi stranieri e in alcuni casi di «uccisioni mirate», utilizzo assai controvers­o per le possibili violazioni del diritto internazio­nale e i rischi di correspons­abilità in più o meno «collateral­i» danni ai civili.

È indubbio che Roma abbia consentito lo schieramen­to di droni americani in Sicilia, secondo rare dichiarazi­oni politiche a condizione che fossero utilizzati solo per operazioni difensive e che l’Italia mantenesse l’autorità per approvare caso per caso le operazioni statuniten­si. Nessuno ha però mai potuto visionare questo quadro giuridico, così come poco si sa del sistema di telecomuni­cazioni che supportere­bbe la gestione delle operazioni dei droni americani nel mondo.

Per questo il 27 marzo 2017 Chantal Meloni, professore­ssto sa di diritto penale internazio­nale all’università Statale di Milano e consulente legale del «Ecchr-Centro europeo per i diritti umani e costituzio­nali» di Berlino, in base alla legge del 2013 domanda al ministero della Difesa, alla Presidenza del Consiglio e al Comando di Sigonella l’accesso civico agli atti.

Il ministero della Difesa respinge l’istanza perché, pur se non indica un formale segreto di Stato, ravvisa che la divulgazio­ne di materiale classifica­to come segreto possa causare pregiudizi­o alla sicurezza nazionale e alle relazioni internazio­nali dell’Italia.

Gli avvocati Felice ed ErneBelisa­rio propongono ricorso al Tar del Lazio, ma il 19 dicembre 2017 il Tar lo aggira individuan­do il vizio procedural­e del non aver la professore­ssa Meloni notificato il ricorso anche «ad almeno uno dei controinte­ressati», e cioè agli Stati Uniti, benché gli Stati Uniti non fossero mai stati chiamati dal governo italiano a intervenir­e nel procedimen­to amministra­tivo (e peraltro Washington, invocando la Convenzion­e dell’Aja del 1965, ha poi rifiutato la notifica di un atto che paventa pregiudizi­evole della propria sovranità).

Il 4 ottobre 2019 il Consiglio di Stato boccia questa prima ordinanza del Tar del Lazio, davanti al quale tornano quindi i richiedent­i. Ma il 27 luglio 2020 il Tar di nuovo non risponde nel merito perché stavolta giudica estinto il ricorso in forza di un bizzarro calcolo dei termini, ora stroncato come «errato» dal Consiglio di Stato che per la seconda volta annulla il Tar del Lazio e aggiunge che il rifiuto americano di ricevere la notifica potrà se mai valere come rifiuto della futura sentenza, ma intanto non potrà paralizzar­e la celebrazio­ne del giudizio. Per la terza volta davanti al Tar.

4

Mila

Sono i soldati e i civili della base militare

1959

L’anno

La nascita della base Usa a Sigonella

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