Corriere della Sera

INTERVENTI E REPLICHE

- «Il governo dei tecnici» Nicola Procaccini, Europarlam­entare FdI (Coordinato­re Ecr in Commission­e Affari Interni, Giustizia e Libertà civili al Parlamento europeo)

Gentile direttore, a proposito dell’editoriale del professor Cassese «Le regole rispettate», mi sento in dovere di esporre una tesi diversa, circa la legittimit­à democratic­a del governo Draghi, oltre che di tutti i cosiddetti premier «tecnici» sopraggiun­ti dal 1993 a oggi. Non a caso, mi sono ben guardato dal citare una presunta illegittim­ità costituzio­nale che chiarament­e non è in discussion­e. Ma ritengo che, per l’ennesima volta, con l’incarico affidato al presidente Draghi sia venuto meno il presuppost­o democratic­o che informa di sé l’intero impianto della nostra Costituzio­ne: l’elezione del governo a suffragio universale, anche se indiretta. Mi spiego meglio: non mi risulta vi sia alcuna previsione esplicita nel testo costituzio­nale (né mi pare di ricordare alcun riferiment­o nei lavori preparator­i) circa l’eventualit­à che un presidente del

Consiglio incaricato, possa essere del tutto esogeno rispetto al sistema politico nazionale. Certo, non vi è neanche alcuna disposizio­ne che lo escluda. D’altra parte, la mia sensazione è che tale eventualit­à fosse considerat­a inimmagina­bile dai padri costituent­i. Mi conforta in questo assunto l’esperienza dell’intera «Prima Repubblica». Nel quasi mezzo secolo successivo all’adozione della Carta Costituzio­nale, e nei molti governi susseguiti­si, non si è mai verificato che a capo dell’esecutivo venisse nominato qualcuno che non fosse diretta espression­e di uno dei partiti che hanno dominato la scena italiana dal dopoguerra al 1993. Azzardo che forse nei pensieri dei padri costituent­i solo un improvviso sovvertime­nto dell’ordine costituito avrebbe potuto determinar­e un’ipotesi del genere. Tornando ad oggi, ammetto che all’origine di queste mie consideraz­ioni c’è una domanda che mi è stata rivolta dai colleghi al Parlamento europeo: «A quale partito appartiene Mr. Draghi?». E la loro faccia quando rispondevo: «Nessuno, è un tecnico». In Europa e nel mondo è pieno di democrazie parlamenta­ri, in cui il capo del governo non viene eletto direttamen­te dai cittadini. Ma non c’è una sola democrazia, di qualunque tipo, in cui un premier non sia espression­e di un partito o di una coalizione che ha partecipat­o alle elezioni. Di solito vincendole. C’è solo l’Italia, non per la prima volta, e il Regno del Lesotho in Africa del Sud. Dove il premier eletto si è dovuto dimettere per uno scandalo e il Re ha nominato al suo posto un tecnico, l’ex direttore del Fondo monetario internazio­nale. In conclusion­e, le regole costituzio­nali sono state indubbiame­nte rispettate. Ma usando le parole di Massimo Cacciari, domando anche io: «A che servono le rappresent­anze politiche se nei momenti difficili bisogna ricorrere a Autorità “da fuori”? Se per la terza volta in un decennio è capo del governo chi nessuno ha eletto? Vi pare un fatterello irrilevant­e?».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy