Basta stare a 1 metro e mezzo per difendersi dalle varianti
1 In presenza di varianti del Sars-CoV-2 a maggior trasmissibilità è sufficiente stare a un metro e mezzo per difendersi?
«La “distanza di sicurezza” (oltre la quale siamo al sicuro) riguarda solamente i droplets, le goccioline grandi e non cambia al variare dell’agente infettivo — spiega Giorgio Buonanno, professore di Fisica tecnica ambientale all’Università degli Studi di Cassino —: un metro e mezzo di distanza è sufficiente. Diverso il discorso dell’aerosol, le goccioline piccole, per le quali la distanza non c’entra, perché galleggiano in aria e, con il passare del tempo, riempiono gli ambienti chiusi, dove si verifica l’80% dei contagi. A parità di quantità di goccioline emesse, se sono più contagiose mi infetterò prima o di più. Aumenta la probabilità di rischio a parità di tempo di esposizione».
2 È questo il motivo per cui sono aumentati i contagi nelle scuole?
«Certamente — conferma Buonanno —. Se abbiamo misure che tengono sotto controllo un virus che ha un’infettività di un certo tipo e mantengono stabile il numero di positivi, quando subentra una variante più contagiosa, a parità di condizioni, le infezioni aumenteranno, perché cresce la probabilità di trasmissione».
3 Sarebbe meglio allora usare solo mascherine FFP2 o metterne due?
«L’opzione della doppia mascherina offre una sicurezza aggiuntiva, ma non è proponibile per tutti. Bisogna modificare i fattori ambientali su cui si può agire: ridurre il tempo di esposizione, o migliorare la ventilazione. Non si può demandare al singolo la gestione del rischio, anche perché il cittadino spesso usa la mascherina in modo scorretto, con i fori laterali da cui entra l’aria e scarsi ricambi», osserva Buonanno.
I giovani sono più colpiti?
«Da fine gennaio l’incidenza dei casi di Covid-19 nella fascia sotto i 20 anni ha superato, per la prima volta da inizio pandemia, quella delle fasce più adulte — spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano —. L’incidenza a gennaio-febbraio è circa 150 casi per 100mila abitanti. Il valore più alto è stato registrato tra i 13-19 anni».
I test rapidi sono ancora validi in questo contesto?
«I test rapidi possono servire come una sorta di “rete a strascico” per cercare di tenere il passo con il tracciamento del virus: non raccolgono tutto, dipende dalla dimensione delle maglie e sappiamo che gli antigenici le hanno un po’ più ampie», dice Pregliasco.
6 È ancora attuale il sistema a fasce di colore con le zone rosse localizzate?
«Le zone rosse si scontrano sempre con l’accettazione da parte dei cittadini — rileva Pregliasco —. È sperabile che questo meccanismo territoriale possa essere una versione diversa rispetto al lockdown dell’anno scorso, tale da compensare l’esigenza di chiusure, con le istanze sociali ed economiche e le diverse incidenze dei contagi a livello territoriale».
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Quali altre misure potrebbero rendersi necessarie?
«C’è già l’indicazione pratica di aumentare il periodo di isolamento, perché la maggiore trasmissibilità potrebbe anche essere dovuta a un’infezione che dura più a lungo. Uno studio ha misurato la durata media dell’infezione da variante inglese in 13,3 giorni (con un estremo superiore che arrivava fino a 16 giorni e mezzo). Nel caso del ceppo originario la durata media è di 8,2 giorni», conclude Pregliasco.