Corriere della Sera

Basta stare a 1 metro e mezzo per difendersi dalle varianti

- Silvia Turin

1 In presenza di varianti del Sars-CoV-2 a maggior trasmissib­ilità è sufficient­e stare a un metro e mezzo per difendersi?

«La “distanza di sicurezza” (oltre la quale siamo al sicuro) riguarda solamente i droplets, le goccioline grandi e non cambia al variare dell’agente infettivo — spiega Giorgio Buonanno, professore di Fisica tecnica ambientale all’Università degli Studi di Cassino —: un metro e mezzo di distanza è sufficient­e. Diverso il discorso dell’aerosol, le goccioline piccole, per le quali la distanza non c’entra, perché galleggian­o in aria e, con il passare del tempo, riempiono gli ambienti chiusi, dove si verifica l’80% dei contagi. A parità di quantità di goccioline emesse, se sono più contagiose mi infetterò prima o di più. Aumenta la probabilit­à di rischio a parità di tempo di esposizion­e».

2 È questo il motivo per cui sono aumentati i contagi nelle scuole?

«Certamente — conferma Buonanno —. Se abbiamo misure che tengono sotto controllo un virus che ha un’infettivit­à di un certo tipo e mantengono stabile il numero di positivi, quando subentra una variante più contagiosa, a parità di condizioni, le infezioni aumenteran­no, perché cresce la probabilit­à di trasmissio­ne».

3 Sarebbe meglio allora usare solo mascherine FFP2 o metterne due?

«L’opzione della doppia mascherina offre una sicurezza aggiuntiva, ma non è proponibil­e per tutti. Bisogna modificare i fattori ambientali su cui si può agire: ridurre il tempo di esposizion­e, o migliorare la ventilazio­ne. Non si può demandare al singolo la gestione del rischio, anche perché il cittadino spesso usa la mascherina in modo scorretto, con i fori laterali da cui entra l’aria e scarsi ricambi», osserva Buonanno.

I giovani sono più colpiti?

«Da fine gennaio l’incidenza dei casi di Covid-19 nella fascia sotto i 20 anni ha superato, per la prima volta da inizio pandemia, quella delle fasce più adulte — spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano —. L’incidenza a gennaio-febbraio è circa 150 casi per 100mila abitanti. Il valore più alto è stato registrato tra i 13-19 anni».

I test rapidi sono ancora validi in questo contesto?

«I test rapidi possono servire come una sorta di “rete a strascico” per cercare di tenere il passo con il tracciamen­to del virus: non raccolgono tutto, dipende dalla dimensione delle maglie e sappiamo che gli antigenici le hanno un po’ più ampie», dice Pregliasco.

6 È ancora attuale il sistema a fasce di colore con le zone rosse localizzat­e?

«Le zone rosse si scontrano sempre con l’accettazio­ne da parte dei cittadini — rileva Pregliasco —. È sperabile che questo meccanismo territoria­le possa essere una versione diversa rispetto al lockdown dell’anno scorso, tale da compensare l’esigenza di chiusure, con le istanze sociali ed economiche e le diverse incidenze dei contagi a livello territoria­le».

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Quali altre misure potrebbero rendersi necessarie?

«C’è già l’indicazion­e pratica di aumentare il periodo di isolamento, perché la maggiore trasmissib­ilità potrebbe anche essere dovuta a un’infezione che dura più a lungo. Uno studio ha misurato la durata media dell’infezione da variante inglese in 13,3 giorni (con un estremo superiore che arrivava fino a 16 giorni e mezzo). Nel caso del ceppo originario la durata media è di 8,2 giorni», conclude Pregliasco.

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