Corriere della Sera

Sardegna bianca, prove di normalità «Un po’ d’ossigeno ma con prudenza»

- dalla nostra inviata Elvira Serra

Luciano Spiga non esagera quando dice che «venire a pranzo qui è quasi terapeutic­o». Qui è all’Oasi Cafè, ma il discorso vale per qualsiasi locale che come il suo si affaccia sulla spiaggia del Poetto e su questo mare color argento, sorvegliat­o a destra dalla Sella del Diavolo. A chi vive a Cagliari, non andava male neppure quando era «gialla», ma volete mettere la soddisfazi­one di bere uno spritz con gli amici dopo quattro mesi di restrizion­i? È quello che stanno facendo «fino alle otto di sera!» Enrico, Alessandro ed Elio nei tavoli all’aperto di Tiffany, caffetteri­a in via Baylle, vicino alla chiesa di Sant’Antonio Abate. E pazienza se Alessandro, studente di Ingegneria energetica, ha detto alla fidanzata Claudia che non si potevano vedere per un «impegno improrogab­ile». «La prossima uscita mi tocca con lei: vuole essere portata a cena fuori», ammette rassegnato, ma in fondo contento.

L’Isola Bianca si riprende un po’ di vita. Primo giorno con coprifuoco alle 23.30, ristoranti aperti anche la sera, pub che fanno di nuovo gli aperitivi. Con il vantaggio di un clima favoloso che avrebbe autorizzat­o eventuali turisti

Pure Soru a cena fuori: contento, ma spero non sia percepito come fine dell'emergenza

tedeschi (ancora un miraggio) a uscire con i sandali e senza calze. Coldiretti ha calcolato 12 mila locali, in tutta la Sardegna, che possono restare aperti fino alle 21 o alle 23: una boccata d’ossigeno per un comparto che dà lavoro a 30 mila persone e che a causa del Covid ha perso tra il 70 e l’80 per cento del fatturato.

«Stasera ho aperto più che altro per dare un messaggio di ripresa, ma dobbiamo essere prudenti, altrimenti passare dal bianco al rosso è un attimo», racconta Giacomo Deiana, l’oste che nel suo ristorante La Stella Marina di Montecrist­o conserva l’unico tavolo rotondo per l’amico Gigi Riva, anche se Rombodituo­no ormai non viene più a cenare qui da un pezzo. In un angolo, ben distanziat­i da un’altra coppia, ci sono Stefano Bandino, 43 anni, e sua moglie Simona. «Noi abbiamo una pizzeria, ma oggi è il nostro giorno di chiusura e volevamo goderci una serata normale». E appena finiscono di dirlo arrivano due piatti di trofie con i gamberi freschi. A pochi metri di distanza, in Viale Regina Margherita, lo chef Luigi Pomata ha il suo bel daffare con 35 coperti. «Siamo quasi al limite — ammette — e questi sono solo i prenotati, magari arriva qualcuno all’ultimo. Io ho altri due locali ma prima di riaprirli aspetto di vedere se la gente usa la coscienza».

Ieri il bollettino dell’Isola contava 45 nuovi casi con un indice di contagio dello 0,68%, a fronte dello 0,99 nazionale. Numeri incoraggia­nti, che però non significan­o liberi tutti. Spiega Giovanni Sotgiu, infettivol­ogo e ordinario di statistica all’Università di Sassari: «Il caso della Valle d’Aosta è indicativo. E i 21 nuovi casi di variante inglese scoperti nel Sud Sardegna devono indurci alla prudenza: così il virus si diffonde molto più velocement­e».

All’Antico Caffè sotto il Bastione stanno finendo l’apertitivo un padre e una madre con l’ultimogeni­ta, che li definisce «il gatto e la volpe». Loro sono l’ex governator­e sardo Renato Soru e l’ex moglie Rosi: la figlia è Vienna. Il fondatore di Tiscali, più tardi, andrà a cena al Flora, per incoraggia­re l’amico Beppe. Ammette: «Ma sì, sono contento, è un segno di normalità, fa un bell’effetto. Spero non venga percepito come la fine dell’emergenza, perché altrove la terza ondata è in agguato».

Cinzia, Alessandra e Francesca, 67 anni in tre, finiscono il loro cocktail in piazza Yenne sotto un cielo di stelle. «Che effetto fa un aperitivo a quest’ora? Libertà! E nel weekend tutte insieme a cena fuori, come ai vecchi tempi».

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(foto L’Unione Sarda) Nel capoluogo A Cagliari bar aperti fino alle 21

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