Corriere della Sera

Zingaretti ai critici: congresso nel 2023

Oppositori in subbuglio: «Troppo tardi». Il leader li sfida: conservo gli sms di chi mi chiedeva l’asse con il M5S

- Giuseppe Alberto Falci

Il sondaggio che, grazie a Conte, sposta un bel po’ di voti dal Pd al M5S arriva nel giorno di una direzione infuocata. Andiamo per ordine. Poco dopo le sei del pomeriggio Nicola Zingaretti prende la parola e rivendica la sua linea politica: la nascita del governo Conte II, l’alleanza con il M5S. Con una postilla: il congresso del Pd si è svolto nel marzo del 2019 e le primarie saranno nel marzo del 2023. Presa di posizione che fa esplodere le polemiche.

Attacca subito Base riformista, la corrente di Luca Lotti e Lorenzo Guerini («Rischiamo di essere in un’altra era politica») e Matteo Orfini («Evitare scorrettez­ze»). La direzione nazionale del Pd doveva essere sulla questione delle rappresent­anza delle donne e si trasforma nell’ennesimo scontro tra correnti.

Zingaretti si toglie qualche sassolino: «Conservo nella memoria e nel cellulare gli appelli di decine di candidati sindaci e candidati presidente di Regione che mi scongiurav­ano di stringere alleanze con i 5 Stelle». Dunque, «è bene discutere ma senza allontanar­ci dalle persone». Poi blinda Andrea Orlando come vicesegret­ario rimandando la nomina della vice donna all’Assemblea nazionale.

Eppure il passaggio che più fa infuriare i partecipan­ti alla direzione è quando si sofferma sulla prossima assise: «Il congresso si è svolto nel marzo del 2019 e le primarie saranno nel marzo del 2023. È giusto aprire una discussion­e su di noi, sulla nostra idea di Paese. Questa discussion­e andrà fatta con chiarezza e con franchezza». A questo punto i mugugni prendono il sopravvent­o. E il clima si surriscald­a ancor di più quando il Tg La7 mostra l’ultimo sondaggio Swg. Nell’ipotesi di Giuseppe Conte leader del M5S il Pd si fermerebbe al 14,2 % (-4,3%). «Non mi stupisce — ammette Carmelo Miceli, responsabi­le sicurezza del Pd — perché nell’immaginari­o collettivo c’è stata una sovrapposi­zione tra la figura di Conte e quella del Pd. Occorre ripristina­re un profilo riformista che prescinda dalle alleanze». Dello stesso tenore le parole di Lia Quartapell­e: «Il Pd deve ripartire dalla sua identità, da un progetto di Italia, non certo da un’idea di coalizione». Duro Orfini: «È il capolavoro di un gruppo dirigente che ha lavorato per Conte». Infine, Andrea Romano: «Motivo in più per avviare da subito una coraggiosa operazione di rilancio del Pd, della sua capacità attrattiva. La discussion­e congressua­le è indispensa­bile, non per ragioni di poltrone ma per l’esigenza vitale di evitare il declino del Pd».

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