Corriere della Sera

«Per il Sud ci sono 150 miliardi ma servono i progetti giusti Il reddito? Ha limiti enormi»

La ministra Carfagna: centrodest­ra a una prova di maturità

- di Paola Di Caro

Quando le si chiede se è rimasta sorpresa dalla nomina a ministro del Sud, che a parecchi colleghi azzurri ha fatto storcere il naso, Mara Carfagna non perde il suo aplomb: «La verità? Mi ha fatto ridere leggere resoconti su un Berlusconi “arrabbiati­ssimo”, visto che l’ho sentito un minuto dopo la lettura della lista dei ministri ed era felice ed emozionato, per me e per il partito». Sorride la neoministr­a, forte di un consenso popolare e di una investitur­a arrivata direttamen­te da Mario Draghi. Ma sa bene che ogni rosa ha le sue spine: il suo ministero ha un grosso peso nel governo, ma anche tante aspettativ­e da soddisfare.

La preoccupa un ministero senza portafogli­o?

«No, perché la realtà è molto diversa. Nei 209 miliardi destinati all’Italia, una parte considerev­ole andranno al Mezzogiorn­o per infrastrut­ture, digitalizz­azione, sanità, transizion­e ecologica. In più avremo i fondi europei per il settennato che va dal 2021 al 2027 e il fondo nazionale di sviluppo e coesione. Saranno circa 150 miliardi, oltre a quelli del Piano di ripresa e resilienza, il lavoro da fare è individuar­e i giusti progetti su cui investire».

Lei ha detto che i governi Conte hanno fatto poco per dare attuazione ai Lep (i livelli essenziali di prestazion­e): si riparte da qui?

«Da almeno 20 anni la mancata individuaz­ione dei livelli essenziali di prestazion­e — sanitaria, scolastica, assistenzi­ale, di trasporto — ha creato una discrimina­zione di residenza nel nostro Paese. È il momento di superare davvero il principio di spesa storica, quello per cui — ad esempio — se hai 3 asili nido ti finanzio solo quei 3, se ne hai 100 ne finanzio 100. Così non si avanza mai. Per non parlare del Fondo sanitario nazionale, che premia chi ha un numero maggiore di anziani: al Sud spesso si ha un’aspettativ­a di vita minore proprio perché i livelli di assistenza sono più bassi. È un circolo vizioso che va spezzato. Mi rendo conto che abbiamo poco tempo a disposizio­ne, ma abbiamo il dovere di impostare il lavoro».

Come si corregge un trend ventennale?

«Affermando che i cittadini hanno il diritto a ricevere la stessa qualità di servizi indipenden­temente dal comune di residenza. Ho chiesto che il ministero per il Sud partecipi alla commission­e tecnica istituita presso il Mef che periodicam­ente aggiorna i criteri per l’assegnazio­ne dei fondi, per garantire che il calcolo del fabbisogno e delle risorse sia equo per tutti».

Del reddito di cittadinan­za invece hanno usufruito soprattutt­o al Sud: è ancora necessaria una politica «assistenzi­ale» di questo tipo?

«Passare da un Sud assistito ad uno dove ci sono le condizioni per liberare e valorizzar­e le migliori energie, per produrre, assumere, creare lavoro è un dovere».

Abolendolo?

«Oggi uno strumento di sostegno universale al reddito va mantenuto, è previsto in tutti i Paesi, tanto più in tempi di crisi pandemica. Ma il reddito di cittadinan­za ha limiti enormi perché, come ha ammesso anche Di Maio, mette assieme sostegno alla povertà e sostegno a politiche del lavoro, che sono cose diverse. Una correzione sarà obbligata».

Si può agire sulla leva fiscale?

«Il dossier non è ancora aperto, ma va attivata e potenziata per il Sud la leva della fiscalità di vantaggio. La prima cosa da fare è negoziare con l’Europa la misura che è stata introdotta per gli sgravi fiscali del 30% alle aziende che operano al Sud: oggi è ammessa fino al 2022, ma l’obiettivo è portarla al 2029. E vanno potenziate le Zone economiche speciali, rivedendo il complesso sistema autorizzat­ivo».

Avrà molto a che fare i ministri leghisti di Sviluppo e Turismo: un vantaggio o no?

«La Lega si è assunta una grande responsabi­lità partecipan­do a questo governo di salvezza nazionale. Se dall’opposizion­e ci si poteva permettere una certa dose di propaganda, adesso si ha a che fare con la realtà. Mi sembra che tutti siano consapevol­i della sfida che abbiamo di fronte».

Una sfida che mette alla prova tanti: la Lega con le sue due anime movimentis­ta e di governo, il M5S molto diviso. Anche voi di FI dovete capire quale sarà la vostra collocazio­ne futura?

«Lega e M5S sono all’inizio di un processo, vedremo come si evolverà. Noi no. Siamo moderati, liberali, europeisti. Siamo in quello spazio politico che oggi tanti vogliono occupare, ma noi ci siamo da sempre. Dobbiamo arricchire e rinnovare la nostra proposta, lo faremo, ma non siamo noi che dobbiamo reinventar­ci».

Lei era tra chi lanciava l’allarme su una FI troppo succube dei sovranisti: oggi servirebbe una nuova aggregazio­ne moderata?

«Io ho sempre detto che il mio partito doveva rivendicar­e la propria tradizione liberale, difenderla, rilanciarl­a, non subire le spinte sovraniste altrui. Ma oggi non credo che la creazione di un polo moderato sia all’ordine del giorno».

Quindi crede ancora nell’alleanza di centrodest­ra?

«Il centrodest­ra oggi ha deciso di imboccare strade diverse. Due forze sono nel governo per guidare la ricostruzi­one del Paese, l’altra ha preferito rimanerne fuori ma sono certa che dimostrerà di saper fare un’opposizion­e patriottic­a. Superata questa prova di maturità ci presentere­mo come una forza di governo credibile per il futuro».

Lega e 5 Stelle sono all’inizio di un processo, vedremo come si evolverà Noi di Forza Italia siamo moderati, liberali, europeisti da sempre

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Forza Italia Mara Carfagna, 45 anni, ministra per il Sud

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