Moda, Zegna a Wall Street «Ma la sede resta in Italia»
Il gruppo Zegna si quota. Non in Italia ma a New York e lo fa insieme ad Andrea Bonomi, il fondatore di Investindustrial. Il titolo sarà scambiato a partire da novembre. Ma la sede dell’azienda di alta moda resta in Italia. Per effetto della fusione la famiglia Zegna manterrà il controllo con il 62% del capitale, mentre Bonomi e un gruppo di soci avranno circa l’11%; il resto sarà sul mercato. Gildo Zegna: un progetto di sistema per la spinta made in Italy con più assunzioni in Italia.
Gildo Zegna è l’amministratore delegato del gruppo omonimo. Terza generazione di una famiglia che vede già in azienda la quarta (suo figlio Edoardo è il nuovo responsabile marketing, digital e Esg) e una quinta che cresce.
Quando è iniziato il dialogo con Investindustrial?
«A gennaio, grazie a Sergio Ermotti. Con Andrea (Bonomi, ndr) condividiamo i valori della famiglia, dell’italianità, della necessità di avere una visione di lungo periodo. Questa operazione accade in un momento storico importante per l’azienda, per la nostra famiglia e per il settore. Ci darà accelerazione nella crescita e tranquillità nella famiglia».
Famiglia unita?
«Molto. Sono rimasto colpito di come la quarta generazione sia stata d’accordo e di quanto creda nel marchio».
Ha parlato di italianità ma vi quotate a New York, non in Italia.
«Ci abbiamo pensato a lungo, ma un po’ la spac era già quotata in Usa, un po’ gli investitori del lusso si trovano soprattutto in America ed essere a New York dà la visibilità necessaria a un gruppo come il nostro, che esporta circa il 90% del fatturato. Ancora, gli Usa sono un mercato trainante, che sta vivendo un vero boom dell’abbigliamento casual, noi stessi abbiamo avuto un ultimo trimestre davvero buono. Ma non cambieremo: la nostra sede resterà italiana e anche le fabbriche saranno sempre più italiane. Dove stiamo assumendo, assumiamo in Italia e ancora di più lo faremo quando il mercato ripartirà completamente. Non stiamo facendo un’operazione finanziaria ma industriale. Ci quotiamo adesso ma da tempo abbiamo una governance da società pubblica. Per esempio il nostro cda ha una presenza di consiglieri indipendenti quasi equivalente a quella dei familiari».
È un’operazione separata, però, dagli investimenti diretti di Investindustrial nel design, cosmetica, lusso.
«Assolutamente sì.Sono due progetti distinti».
Bertelli sarà vostro socio?
«Non possiamo comunicare i nomi degli altri investitori. Con Patrizio abbiamo un’amicizia molto sana e mi auguro che potremo fare insieme altre operazioni industriali. Ci tengo a dire che considero questa quotazione come una operazione di sistema. E per questo devo dire grazie al lavoro fatto con la Camera della moda che ha permesso che si è costruisse un rapporto aperto tra noi imprenditori, non solo con Bertelli, ma con Rosso, Ruffini, Maramotti...».
Vi quotate in Usa ma realizzate circa il 50% del fatturato di Zegna in Cina. Volete riequilibrare il portafoglio?
«Il 50% circa come marchio Zegna. Come gruppo, invece, nella Grande Cina realizziamo il 35% dei ricavi. In ogni caso — e lo ripeto spesso — se ho un euro da investire lo faccio in Cina. Presto i cinesi rappresenteranno oltre la metà del mercato del lusso mondiale. E sono stati l’unico mercato che nelle due grandi crisi non ha mai lasciato l’acceleratore. Ma anche gli Stati Uniti sono fondamentali nel lusso. Se ci saranno complessità, le gestiremo».
Obiettivi?
«Diventare il numero uno mondiale dell’uomo. La donna, come Zegna, non ci interessa, mentre Thom Browne (il marchio Usa rilevato tre anni fa, ndr) sta avendo incrementi a doppia cifra nella donna e negli accessori».
Con il 2021 si recupererà quanto perso nel 2020?
«Ci si avvicina. Sono molto più positivo oggi di quanto non lo fossi qualche mese fa».
La nostra famiglia è molto unita. Sono colpito da quanto la quarta generazione sia stata d’accordo e creda nel marchio
Grazie al lavoro con la Camera è stato creato un rapporto aperto tra imprenditor i, con Bertelli Rosso, Ruffini, Maramotti