Corriere della Sera

I danni dei video porno sui ragazzini

IL CONSUMO DI VIDEO CON SESSO SPINTO È SEMPRE PIU’ PRECOCE. POI IL 26% HA PROBLEMI DI RELAZIONE. SENZA UN’EDUCAZIONE SESSUALE A CASA E A SCUOLA IL MODELLO LO DETTA LA RETE

- di Milena Gabanelli e Simona Ravizza

Nel mondo il 30% dei bambini fra gli 11 e i 12 anni vede pornografi­a online. In Italia il 44% dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni. Il consumo di video con sesso spinto è quindi sempre maggiore. E sempre più precoce. Questo porta a conseguenz­e. Si calcola che il 26% di ragazzi che guarda video pornografi­ci ha problemi di relazione. Inoltre ha atteggiame­nti «scorretti» nei confronti dell’altro sesso, che a volte sconfinano in reati come il revenge porn.

Giovani maschi che nel rapporto di coppia soffrono di ansia da prestazion­e e hanno difficoltà a eccitarsi. Giovani ragazze convinte che il sesso sottomesso sia normale. È un fenomeno recente, ma in crescita, e molto osservato dagli specialist­i di tutto il mondo, che lo attribuisc­ono ad una associazio­ne distorta dell’erotismo sviluppata fin dall’adolescenz­a con il consumo precoce della pornografi­a. Da sempre il porno accompagna la storia dell’umanità, ed ha una sua funzione. Il problema è che con l’arrivo di internet è diventato un fenomeno di massa, e i contenuti pornografi­ci sono diventati via via più spinti e violenti, proprio perché accessibil­i a chiunque, in qualunque momento, in ogni luogo. In Italia 9 adolescent­i su dieci tra i 10 e i 17 anni usano il cellulare e si collegano quotidiana­mente a Internet. Mettendo insieme decine di studi scientific­i internazio­nali, si registrano dati preoccupan­ti. Ci ha aiutato a leggerli la criminolog­a e ricercatri­ce presso la Middlesex University di Londra Elena Martellozz­o e la Polizia Postale: a livello globale il 30% dei bambini fra gli 11 e i 12 anni vede pornografi­a online. In Italia il 44% dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni.

Barriere raggirabil­i

Poco più della metà dei ragazzini che hanno guardato pornografi­a online afferma di averla cercata volontaria­mente (59%). Un po’ meno le ragazze (25%). I video sono vietati ai minori di 18 anni, ma nella pratica l’accesso a questo tipo di contenuti non ha «barriere». Talvolta può essere richiesta la registrazi­one in alcuni siti di streaming. In questo caso la verifica effettuata dal gestore del sito è basata unicamente sulle informazio­ni fornite dall’utente, e non su riscontri documental­i. Spesso la registrazi­one consiste nel creare sempliceme­nte un account con e-mail e password, mentre i siti a pagamento richiedono l’utilizzo di una carta di credito. I dati ufficiali sui visitatori mensili di siti porno contano soltanto i maggiorenn­i, e danno comunque cifre impression­anti: in Italia, secondo la piattaform­a marketing Semrush, il sito più frequentat­o è Pornhub, con 20 milioni di visitatori unici al mese, di cui il 16% dichiara un’età tra i 18 e i 24 anni.

Il modello offerto dalla rete

Il video porno non è sempre cercato volontaria­mente dagli adolescent­i, ma può apparire perché condiviso da altri amici, oppure viene visto accidental­mente (per pop-up, entrando in siti inappropri­ati per sbaglio, o per curiosità durante ricerche online). I contenuti pornografi­ci sono molto diffusi nei canali di messaggist­ica istantanea, soprattutt­o WhatsApp e Telegram, dove gira anche materiale pedopornog­rafico. Parallelam­ente circolano anche i cosiddetti file

gore, ossia immagini e video, perlopiù scaricati dal Dark Web, con scene di omicidi, sgozzament­i, incidenti molto violenti. Secondo gli esperti il mix di queste immagini (porno, pedo e gore), oltre a creare negli adolescent­i aumento dell’adrenalina ed eccitazion­e sessuale, viene anche usato all’interno dei gruppi di minori per ingaggiare una sorta di gara a chi ha lo stomaco più forte assurgersi a leader. Qual è la reazione dei giovanissi­mi la prima volta che vedono sesso violento, dove le donne sono sottomesse, degradate, e felici di assecondar­e ogni desiderio maschile? Il 27% rimane scioccato, il 24% confuso, il 17% eccitato. La seconda volta le percentual­i scendono rispettiva­mente all’8% e al 4%, mentre l’eccitazion­e sale al 49%. Dunque, superato il primo impatto, diminuisce il disgusto e cresce l’eccitament­o.

I comportame­nti

Gli adolescent­i esposti con regolarità a video e immagini di porno spinto, sono portati ad avere atteggiame­nti sessisti e più aggressivi: il 70% dei ragazzi percepisce le donne come oggetti sessuali, contro il 30% di chi non li guarda. Il 34% dei minori ha riconosciu­to di aver fatto pressioni sulla partner per potersi toccare le parti intime o avere rapporti sessuali; il 17% ha invece ammesso di costringer­e la partner a compiere questi atti. Alla domanda «La pornografi­a online ti ha dato delle idee sui tipi di sesso che vuoi provare?», il 44% degli adolescent­i maschi, e il 29% delle femmine hanno riquale sposto positivame­nte. E se il sesso della pornografi­a online è percepito come realistico, sale anche la convinzion­e che il sesso occasional­e sia più normale di quello all’interno di una relazione stabile.

I rischi del sexting

Questo tipo di giovanissi­mo consumator­e fa più facilmente «sexting», ovvero invia o chiede alla propria partner di inviare immagini di nudi o di parti intime: il 48% contro il 25% di chi non guarda porno. Le conseguenz­e possono essere devastanti. Se c’è consenso non c’è reato, ma sappiamo che troppo spesso le immagini vengono condivise con gli amici, e il minore che le diffonde per primo incorre nel reato di revenge

porn, gli altri nel reato di diffusione di immagini pedopornog­rafiche. Nella pratica vuol dire che se qualcuno segnala o denuncia, si attiva l’iter giudiziari­o che porta dritti ad un processo. Nel 2020 i minori denunciati per revenge porn sono stati 13, per reati di pedopornog­rafia 118, con un aumento del 490% negli ultimi 5 anni. E chi ha compiuto 18 anni rischia fino a 6 anni di reclusione. I genitori troppo spesso non sanno, o fanno finta di ignorare questo contatto con le immagini del sesso da parte di bambini sempre più piccoli, e in mancanza di una educazione sessuale sana e corretta da parte della famiglia e della scuola, il punto di riferiment­o per tanti ragazzi è il modello pornografi­co offerto dalla rete. Anche la dipendenza dal consumo continuo è meno rara di quel che si crede (8%). Gli studi di psicologia concordano: le prime esperienze di autoerotis­mo danno l’impronta. Allora sarà l’effetto sulla futura vita affettiva e sessuale di quei bambini e adolescent­i, visto che la vita reale è tutt’altra storia?

Il condiziona­mento

Gli studi clinici rilevano per i maschi la difficoltà a eccitarsi nell’intimità con un partner, proprio perché gli stimoli non corrispond­ono alle immagini assimilate nell’utilizzo precoce e protratto della pornografi­a. Secondo i dati della Fondazione Foresta, nel 2005 solo l’8,8% dei soggetti intervista­ti dichiarava di registrare dei disturbi della funzione sessuale (mancanza di desiderio, disfunzion­e erettile), mentre oggi i soggetti con disturbi dichiarati sono addirittur­a il 26%, con una forte incidenza di problemati­che legate alla riduzione del desiderio (10,4%). Sintomo di un condiziona­mento psicologic­o che viene messo in relazione allo squilibrio fra messaggio digitale e contatto con la realtà.

Scuola: zero educazione sessuale

Per i genitori parlarne a casa con i loro figli può funzionare di più rispetto alle misure di parental control, ossia ai blocchi online che inibiscono l’accesso a determinat­i siti, o che permettono a un genitore di controllar­e cosa vedono i loro figli e per quanto tempo. Ogni limitazion­e informatic­a però è facilmente raggirabil­e dai nativi digitali. Raramente però i genitori hanno competenze tecnologic­he e strumenti culturali per gestire da soli una sfera così complessa. Di «educazione sessuale» nelle scuole si parla da decenni, ma non si è mai fatta, al contrario di ciò che avviene nella maggior parte dei Paesi europei. Si tratta di introdurre una materia specialist­ica ampia, che coinvolge i temi della salute, la sfera degli affetti e delle emozioni, per accompagna­re ad uno sviluppo sessuale sano, consapevol­e ed equilibrat­o. Ci ha provato qualche mese fa il ministro Patrizio Bianchi dichiarand­o pubblicame­nte: «Il sesso è una parte fondamenta­le degli affetti, che sono parte della nostra vita, e la scuola se ne deve occupare perché sta dentro all’idea che a scuola stiamo formando i nostri ragazzi alla vita». Eppure, nonostante le evidenze, ogni tentativo viene smorzato. Secondo Pro Vita & Famiglia onlus sarebbe «un incentivo a praticare la sessualità in età molto precoce» e invita a «rispettate il primato educativo dei genitori». Nella realtà dei fatti al primato educativo e ad avviare verso la precocità ci sta pensando la Rete.

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