«Ci sono disdette però solo per l’estero Hotel e ristoranti sono luoghi sicuri»
Bernabò Bocca (Federalberghi): ora basta allarmismi Le località balneari vanno bene, soffrono le città d’arte
«La situazione, da parte nostra, è completamente sotto controllo. Per ora non vediamo cancellazioni provocate da fenomeni di isterismo», dice il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca. Al quale non risulta che sia partita un’ondata di disdette. O meglio, le disdette di cui si parla «riguardano gli italiani che avevano prenotato le vacanze all’estero e ora si trovano con destinazioni in lockdown o che applicano la quarantena o altre restrizioni. Ci dispiace ovviamente, ma speriamo anche che questi nostri connazionali possano spostare le loro vacanze in Italia». Ce ne sarebbe bisogno? «Eccome — risponde Bocca —. La situazione resta difficile. Vanno bene le località balneari, ma le città d’arte restano in una situazione drammatica. Appena un po’ meglio di un anno fa, ma lontani, molto lontani dai livelli pre Covid». E con la variante Delta che preoccupa.
Il presidente di Federalberghi invita tutti però a restare con i piedi per terra: «Lo vediamo benissimo che i contagi crescono, ma ciò avviene soprattutto tra coloro che non sono vaccinati. E la nostra clientela è fatta in prevalenza di italiani, che in gran parte hanno fatto il vaccino, e poi di stranieri anch’essi vaccinati. La variante, inoltre, contagia soprattutto i giovani, che però anche se si infettano, sono per lo più asintomatici».
Secondo Bocca, invece, si rischia di fare allarmismo. «Guardi — è il suo avvertimento — basta solo che si inizi a dire che si torna in zona gialla, che allora davvero la gente comincia a disdire». Eppure, se i contagi aumentano, è inevitabile che si riparli di zone gialle. «No — sostiene il leader degli albergatori —, perché il parametro per decidere i colori delle zone non dovrebbe essere questo, ma quello dei ricoveri e dei decessi». Lo avete chiesto al governo? «Lo stanno chiedendo tutti, a partire dai presidenti delle Regioni. E certamente lo faremo anche noi come categoria».
Non sarebbe una scelta pericolosa? «No, per i motivi che ho detto prima. Inoltre, anche se sappiamo che la pandemia non è ancora passata, nelle strutture alberghiere abbiamo protocolli di sicurezza molto rigidi», risponde il presidente. Secondo il quale «non c’è bisogno» di introdurre l’obbligo del green pass per accedere agli alberghi. «Noi rispettiamo tutte le regole di sicurezza. Facciamo la sanificazione ovunque passi il cliente, dalle camere ai frigobar, dal buffet della colazione a tutti gli altri servizi. Negli alberghi e nei ristoranti rispettiamo il distanziamento e il ricambio d’aria. I problemi sono altrove. Nelle piazze e in tutti gli altri luoghi dove non vengono evitati gli assembramenti».
È qui, secondo Bocca, che c’è stato un abbassamento della guardia: «Certo, capisco che gli Europei di calcio si vincono una volta nella vita, ma se riempi uno stadio come è stato fatto a Wembley o tolleri piazze piene di giovani senza mascherina per festeggiare tutta la notte, non ti puoi meravigliare che poi i contagi aumentano. Detto questo, se pensiamo che la situazione sarà risolta solo quando non avremo più alcun contagio, allora non ne usciremo mai. Ci vuole un giusto equilibrio. Il green pass, come ha deciso Macron in Francia, deve servire per accedere agli stadi, ai concerti e ad altri eventi di massa cui porre attenzione. Negli alberghi non serve».
Anzi sarebbe un colpo per un settore che resta in crisi gravissima, aggiunge il leader di Federalberghi. Per fortuna «le destinazioni balneari stanno salvando la loro stagione, perché vivono di turismo italiano ed europeo di prossimità, ma nelle città d’arte la situazione è drammatica, circa il 50% degli alberghi è chiuso. Faccio solo un esempio: a Roma su 1.200 alberghi 670 sono aperti e 530 ancora chiusi. Mancano i turisti dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, dalla Cina». Bisogna solo sperare che «la maggior parte della popolazione mondiale si vaccini», altrimenti sarà difficile venirne fuori. Intanto, dice Bocca, servono altri aiuti da parte del governo: «Sia sul versante della liquidità, cioè prestiti assistiti dalla garanzia pubblica, sia con la previsione di incentivi per la ristrutturazione degli alberghi, che potrebbero servire ad ammodernare le strutture costrette a restare chiuse».
Inoltre, Federalberghi chiede di alleggerire «i costi fissi, che continuano a correre. Serve la cancellazione anche della seconda rata Imu per gli alberghi di proprietà mentre per quelli in affitto è necessario prorogare fino alla fine dell’anno il credito d’imposta». Infine, nelle grandi città è indispensabile «rilanciare i grandi eventi, dalle fiere alle mostre internazionali ai congressi. Solo così si potrà tornare a riempire le camere d’albergo che, non dimentichiamolo, in Italia sono un milione e centomila».