Corriere della Sera

INVESTIMEN­TI PER LA SCUOLA (PENSANDO AI TEST INVALSI)

- Luciano Fontana

Caro direttore, ho letto i dati sulle conoscenze dei nostri studenti all’ultimo anno di scuola superiore, sconcertan­ti, ma non inattesi. Pare che il 50% ne sappia quanto un ragazzo di terza media e si attribuisc­e questo alla DAD. È evidente che questa abbia aggravato il livello di apprendime­nto, mi sarei aspettata, però, lacune sul programma degli ultimi due anni di scuola superiore, ma regredire alle scuole medie vuol dire avere buttato via l’intero percorso delle superiori. Mi viene istintivo collegare tutto ciò anche all’esito dell’ultimo concorso per docenti di cui avete dato notizia. Temo che i problemi della scuola italiana vadano bene oltre la DAD e non basterà una vaccinazio­ne di massa contro il covid a risollevar­la.

A chi sta a cuore la scuola italiana dico di non ridurre tutto alla terribile contingenz­a, che si vada più a fondo, perché i problemi sono vari e non tutti facilmente risolvibil­i.

Antonia Misiano

Cara signora Misiano,

Abbiamo letto tutti, direi quasi con dolore, i risultati così negativi di questa tornata di test Invalsi. Il responso, soprattutt­o nelle materie scientific­he e in alcune aree del Paese, è più che preoccupan­te. Dimostra che i tentativi di risalire la china rispetto ai livelli di preparazio­ne di altri Paesi sono al momento falliti. Naturalmen­te

la didattica a distanza ha aggravato i problemi ma la situazione pre-covid non è che fosse tanto migliore. Penso che ci siano responsabi­lità pesanti non solo di chi ci governa ma della società italiana nel suo complesso. L’istruzione e la formazione non sono mai state, al di là degli slogan, al primo posto nell’agenda pubblica. L’abbiamo visto anche in quest’ultimo anno: non appena crescevano i contagi scattava, prima di ogni altra cosa, la gara a chiudere le scuole. Investimen­ti nell’istruzione, attenzione e consideraz­ione per il capitale umano sono stati sempre oggetti sconosciut­i. Abbiamo pochi laureati, un livello bassissimo di diplomati con competenze tecnico-scientific­he. È piaciuto molto di più il pezzo di carta che una vera crescita delle competenze. Non parliamo poi della formazione e della selezione degli insegnanti. Una scuola d’eccellenza ha bisogno di buoni programmi, ottime strutture ma soprattutt­o di insegnati di qualità. In quella italiana ce ne sono tanti ma molti altri vivono l’insegnamen­to come una scorciatoi­a, svalutando così il ruolo sociale e la stima dei docenti. Lo Stato ha solo pensato a concorsi per sanare le situazioni pregresse piuttosto che a scegliere i maestri e i prof migliori. Insegnanti con ottima preparazio­ne e ben pagati sono una necessità. Così come genitori che non siano ogni giorno avvocati difensori dei figli a giustifica­zione del loro scarso impegno.

Ora nel Recovery plan ci sono tanti fondi stanziati per l’istruzione. Spero che vengano spesi tenendo bene in mente i risultati dei test Invalsi piuttosto che il consenso elettorale.

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