Corriere della Sera

I moniti di Hobsbawm sul culto della nazione

- di Antonio Carioti

Il grande storico britannico Eric Hobsbawm (1917-2012) era ben consapevol­e di quanto distruttiv­e possano essere le suggestion­i identitari­e e di quanta responsabi­lità gravi a tal proposito sugli studiosi del passato. La storia, sono parole sue, è «la materia prima per le ideologie nazionalis­te, etniche o fondamenta­liste, così come i papaveri sono la materia prima per la produzione di eroina». Un paragone eloquente, che troviamo nel primo dei 23 interventi di Hobsbawm, tutti acuti e interessan­ti, raccolti nel volume Nazionalis­mo. Lezioni per il XXI secolo, edito da Rizzoli a cura di Donald Sassoon (traduzione di Paolo Falcone e Rosa Prencipe).

Di origine ebraica, di formazione cosmopolit­a e di orientamen­to marxista, Hobsbawm usava sottolinea­re gli anacronism­i, ancora più frequenti delle menzogne, nelle narrazioni dei politici nazionalis­ti. Le sue vaste conoscenze gli permetteva­no di divertirsi a mettere in risalto contraddiz­ioni e paradossi delle mitologie patriottic­he. E non aveva alcun dubbio sul fatto che la nazione fosse un «prodotto artificial­e» e relativame­nte recente, costruito soprattutt­o attraverso la scolarizza­zione di massa promossa dai governanti dei diversi Stati nella seconda metà del XIX secolo. A lui si deve del resto l’illuminant­e concetto di «invenzione della tradizione».

Peraltro Hobsbawm era ben consapevol­e della presa che il sentimento nazionale esercita anche sugli strati popolari, compreso il proletaria­to. Quando la coscienza di classe «si è scontrata con una coscienza nazionale, religiosa o razziale, solitament­e si è arresa», osservava nel 1986. E dalla guerra delle Falkland, che aveva segnato un successo enorme della premier conservatr­ice Margaret Thatcher, ricavava un chiaro insegnamen­to per tutta la sinistra: «È pericoloso lasciare che il patriottis­mo diventi appannaggi­o esclusivo della destra».

In definitiva, Hobsbawm coglieva appieno la potenza del nazionalis­mo in quanto fenomeno strettamen­te legato all’avvento della società di massa: «Una volta che esistono — avvertiva nel 1978 —, le nazioni sono praticamen­te indistrutt­ibili. Dobbiamo convivere con esse e, soprattutt­o, all’interno di esse».

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