Corriere della Sera

«La passione lirica? Nata dalle favole»

Spotti, 28 anni, direttore d’orchestra in ascesa: la nonna mi raccontava le opere come fiabe

- Giuseppina Manin

Cosa passa per la testa di un bambino di 5 anni che vede Traviata? «Stupore, emozione, euforia… Un po’ di confusione». Michele Spotti, 28 anni, direttore d’orchestra tra i più talentuosi della sua generazion­e, ricorda quella sera di tanti anni fa, lui in braghette corte a sporgersi da un palco della Scala per seguire la vicenda di una signora che amava, soffriva e moriva cantando. «La nonna mi aveva raccontato la storia come fosse una favola, semplifica­ta e un po’ epurata… Mi aveva fatto ascoltare alcune arie. Diciamo che ero preparato, ma non è che ci capissi molto. Anche perché l’italiano era così strano… Il mio momento preferito è stato nel secondo atto, l’entrata in scena dei “mattadori”, le cappe dorate, le picche... Tornato a casa ho rifatto quella scena mille volte. Avvolto in uno straccio colorato cantavo: “Di Madridde noi siam mattadori”».

La prima opera non si scorda mai. E mai più scorderà il debutto sul podio di Traviata al Teatro di Verdura di Palermo:

«La seconda recita è stata la sera della finale degli Europei, si era appena chiusi il sipario che è arrivata la notizia che avevamo vinto. E a quel punto è successo l’impensabil­e. L’orchestra ha attaccato l’Inno d’Italia e io ho diretto avvolto in una bandiera tricolore», esulta Spotti gran tifoso della Juve.

Diplomato al Conservato­rio di Milano, master a Ginevra: «Due approcci diversi, più culturale formativo quello svizzero, ma la direzione d’orchestra al Conservato­rio di Milano è da sogno!». Il punto di partenza ideale per una carriera dove lo studio non finisce mai. «Ogni nuova opera che si affronta schiude un mondo di arte, storia, letteratur­a. Ogni volta è un viaggio bellissimo». Per lui il meglio è arrivato in fretta. A 20 anni il debutto con Le nozze di Figaro, poi L’elisir d’amore, un titolo via l’altro. E adesso Traviata. «Così moderna e cinematogr­afica, con Pretty Yende magnifica Violetta». Il soprano sudafrican­o ha denunciato di essere stata trattenuta all’aeroporto di Parigi, minacciata per motivi razziali. «Una vergogna. Il razzismo e i cliché colpiscono anche la musica, sui giovani direttori italiani per esempio pende il pregiudizi­o di non essere abbastanza bravi nel repertorio sinfonico. Etichette sciocche, sfatate dai tanti nomi affermati anche all’estero».

Tra i maestri del podio il suo preferito resta Leonard Bernstein. «Il mio mito, così padrone della musica da ricrearla con tutto il corpo. Ma il gesto di Zubin Mehta, preciso e elegante, resta di bellezza inarrivabi­le». Eterna gratitudin­e per Alberto Zedda. «Sono stato suo assistente all’Accademia Rossiniana di Pesaro. In agosto tornerò al Festival per la sesta volta per Il signor Bruschino, la più riuscita tra le farse di Rossini, nel nuovo allestimen­to del duo registico Barbe & Doucet». Suo anche il podio del gala finale, con l’Orchestra Rai e Juan Diego Flórez, presente Mattarella.

L’estate è la sua stagione preferita. «Ti dà tempo per studiare e anche per divertirti. In estate ho incontrato Francesca. Non sapevamo niente l’uno dell’altra, abbiamo scoperto dopo di essere entrambi musicista, lei oboista. Ci siamo sposati, trasferiti a Catania, dove sono rimasto conquistat­o dal calore della gente e dai sapori di certi piatti... Da bravo brianzolo sono esperto in risotti, ma la cucina siciliana mi ha aperto orizzonti impensabil­i».

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Talento Michele Spotti, 28 anni, direttore d’orchestra tra i talentuosi della sua generazion­e

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