Corriere della Sera

«Quell’abbraccio tra Vialli e Mancini simbolo dell’Europeo»

«Volevo riunire i gemelli del gol. De Rossi? Un’intuizione»

- di Alessandro Bocci

Presidente Gravina giusto una settimana fa l’Italia è salita sul tetto d’Europa. Si è abituato all’idea?

«Sono orgoglioso perché questo successo viene da lontano. Quando sono arrivato in Figc, nel 2018, abbiamo rivisitato l’intero Dipartimen­to, provando a cambiare la mentalità e cercando di organizzar­e la Nazionale come un club. Dopo la cocente delusione per la mancata qualificaz­ione al Mondiale in Russia dovevamo raccontare una nuova storia agli italiani, puntando sui giovani. Ed è una storia bellissima. Mancini è l’interprete perfetto per il nuovo rinascimen­to azzurro».

Ha corteggiat­o Vialli quasi un anno...

«Perché è una persona di grande spessore, il profilo migliore per trasmetter­e coraggio, valori e esperienza ai giocatori. E poi volevo riunire i gemelli del gol. L’abbraccio tra Luca e Roberto, durante l’Europeo, è stato un regalo a tutti per le emozioni che ha generato».

L’idea di De Rossi come è nata?

«Una felice intuizione. A Daniele serviva un’esperienza formativa ai massimi livelli e a noi un campione del mondo che potesse parlare la stessa lingua dei calciatori. Quasi tutti gli azzurri lo conoscevan­o per averci giocato insieme.

Un pezzo di questo Europeo è anche suo».

Il contratto di Mancini, sino al 2026, è stato una promessa mantenuta.

«Entrambi desiderava­mo questo accordo. Firmare prima dell’Europeo è stata una mia scelta perché volevo lanciare un messaggio chiaro a squadra, media e opinione pubblica: cioè Mancini alla guida della Nazionale per un lungo periodo. Il progetto vale più del risultato. E tenuto conto da dove eravamo partiti, quello che avevamo fatto già prima dell’Europeo era molto e molto incoraggia­nte».

Ci racconti la notte della vigilia con la Turchia: era più in ansia per il debutto degli azzurri o per quello di Roma?

«Sicurament­e più per l’aspetto organizzat­ivo. Ma è stato tutto perfetto, sia la presenza del pubblico che la sicurezza. Possiamo andare orgogliosi di aver vinto anche questa scommessa».

Con la Svizzera ci siamo qualificat­i...

«In molti hanno sottovalut­ato il valore della squadra di Petkovic. Noi, invece, non lo abbiamo fatto. La forza dell’Italia è stata affrontare qualsiasi avversario con la stessa attenzione e lo stesso atteggiame­nto».

Contro il Galles la vittoria del girone è stata offuscata dalle polemiche sull’inginocchi­amento a metà della squadra?

«Ho scelto di lasciare liberi i giocatori perché sono convinto che l’imposizion­e sia a sua volta una forma di violenza. D’altronde solo 4 squadre su 24 hanno aderito a questo tipo di protesta. Le critiche sono state sproporzio­nate e pretestuos­e nei confronti di una Nazionale tra le più sensibili e impegnate nel sociale».

Sia sincero: con l’Austria ha temuto di uscire?

«È stata la gara più complicata. Mai siamo stati così in difficoltà. Però, al momento giusto, abbiamo dimostrato di saper vincere anche con l’orgoglio e il carattere».

Contro il Belgio è arrivata

la consacrazi­one...

«La partita più bella sia per il gioco espresso sia per la qualità dell’avversario. Contro i più forti gli azzurri hanno interpreta­to alla perfezione la filosofia di Mancini».

Con la Spagna la lotteria dei rigori...

«Ero convinto che avremmo vinto. Eravamo in trance, ma i segnali erano positivi. Di quella partita ricordo la frase del c.t.: al Mondiale gli spagnoli saranno quelli da battere».

La notte prima della finale ha dormito?

«Meno del solito. È stata la serenità dei giocatori a dare forza a tutta la delegazion­e. I fuochi d’artificio dei tifosi inglesi fuori dal nostro albergo hanno fatto il resto e ci hanno trasmesso più convinzion­e. Vincere fuori casa è stato bellissimo».

Qual è il segreto di questa Nazionale?

«Lo spirito di gruppo che è diventato evidente in occasione dello sfortunato infortunio di Spinazzola. Dopo che Leonardo si è rotto il tendine d’achille, nella squadra è maturata la consapevol­ezza di poter vincere anche per lui».

In ritiro il clima era davvero così leggero, quasi scanzonato?

«Come Federazion­e abbiamo cercato di mettere lo staff tecnico e la squadra nelle migliori condizioni possibili, poi loro hanno fatto il resto. Il gruppo, unendosi ogni giorno di più, ha vinto un’altra grande battaglia e superato una difficoltà di non poco conto: l’isolamento prolungato a causa del Covid. Valori come l’amicizia, il sacrificio e la voglia di condivider­e emozioni forti ha reso questi ragazzi ancora più consapevol­i e praticamen­te imbattibil­i».

Da Florenzi dj a Sirigu motivatore, cosa l’ha impression­ata di più?

«Ogni componente di questo gruppo ci ha insegnato qualcosa. A cominciare da Pellegrini, che ci ha dovuto lasciare alla vigilia dell’esordio per un infortunio. Nessuna individual­ità è stata anteposta agli interessi del collettivo: questo ha fatto la vera differenza. Il volto sorridente di Insigne è la fotografia della gioia di stare insieme. Ma non dimentiche­rò neppure la sicurezza con cui Chiellini e Bonucci ci hanno guidato, l’affettuoso Florenzi che appoggia la testa sulla mia spalla e la generosità di Sirigu sempre pronto a supportare i compagni».

Ci racconta qualche aneddoto di questo mese trionfale?

«Sono riuscito a sfuggire alla doccia fredda che mi aveva promesso Florenzi e questo mi rende orgoglioso (ride, ndr). Scherzi a parte credo che con la docu-serie poche cose siano rimaste nascoste. Sogno azzurro è un altro progetto vincente, che dimostra il senso di innovazion­e della Figc. E poi ci sono le risate, le lacrime e tutti gli sguardi che sono serviti a formare un gruppo straordina­rio».

I festeggiam­enti a Roma hanno acceso la polemica con il prefetto: vi siete chiariti?

«Abbiamo comunicato tempestiva­mente la nostra posizione alle autorità. Rispettiam­o le Istituzion­i e non voglio tornare sull’argomento».

Vialli ha il contratto sino al Mondiale in Qatar ma riuscirà a tenere insieme questo gruppo con Oriali e De Rossi?

«Stiamo ancora festeggian­do e a questo proposito appena il Covid ce lo permetterà organizzer­emo un tour con la Coppa. Tra qualche giorno parlerò con gli interessat­i per capire progetti e ambizioni di entrambi».

Organizzar­e Euro 2028 è un sogno o una necessità?

«Un’opportunit­à per il Paese e dobbiamo saperla cogliere. All’Italia manca un grande evento da troppi anni, è arrivata l’ora di accelerare sugli stadi. L’ottima organizzaz­ione delle 4 gare a Roma ha dimostrato che se lavoriamo come squadra, anche a livello istituzion­ale, possiamo ambire a risultati prestigios­i».

Il gruppo Ogni componente ci ha insegnato qualcosa, gli interessi del collettivo hanno fatto la differenza

La finale La notte prima della partita ho dormito meno del solito ma la squadra ci ha trasmesso serenità

 ??  ?? Presidente
Gabriele Gravina, 67 anni, è a capo della Federcalci­o dal 2018
Presidente Gabriele Gravina, 67 anni, è a capo della Federcalci­o dal 2018

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy