Corriere della Sera

La voce di Bourdain è «clonata» Divide il film sullo chef suicida

Critici contro il documentar­io anche per la descrizion­e della relazione con Asia Argento

- Di Massimo Gaggi

Anthony Bourdain non era un grande attore né uno scrittore acclamato, né una rockstar, ma godeva comunque, soprattutt­o in America, di una popolarità immensa per il suo modo di raccontare attraverso il cibo storie di popoli, culture, le avventure di grandi chef, i ritmi folli della vita nelle cucine di ristoranti celebri.

Non stupisce, quindi, che l’uscita nei cinema americani, venerdì scorso, di Roadrunner, un documentar­io sulla sua vita, abbia suscitato grande interesse e acceso polemiche col regista, il premio Oscar Morgan Neville, accusato di aver ritratto in modo inquietant­e la sua ultima relazione, quella con Asia Argento. Fin quasi a far intendere che ci sia stata lei all’origine del suicidio di un personaggi­o che, dopo libri come Kitchen Confidenti­al (la sua consacrazi­one nel 2000) e successi televisivi come Parts Unknown (oltre cento documentar­i culturali e gastronomi­ci girati per la Cnn in ogni parte del mondo dal 2013 fino alla sua morte, nel 2018), era ormai divenuto la celebrity mondiale della ristorazio­ne.

Qualche giorno fa a far discutere erano state soprattutt­o le circostanz­e della morte di Bourdain e il rapporto con l’attrice italiana.

Da un lato un lutto che i suoi fan non hanno ancora elaborato, incapaci di comprender­e come un uomo che aveva tutto — denaro, celebrità, bellezza, amori, libertà, possibilit­à di esplorare gli angoli più remoti del pianeta e di incontrare ogni tipo di umanità — abbia deciso di toBourdain, gliersi la vita in una stanza d’albergo in Alsazia. Dall’altro Asia, una passione travolgent­e entrata nell’ultimo scorcio della sua vita.

Neville non l’ha intervista­ta e le dedica poco spazio. Il regista non formula accuse dirette ma, proiettand­o immagini inquietant­i (comprese le pagine di un tabloid che, pochi giorni prima del suicidio, raccontava­no di un rapporto sentimenta­le della Argento con un altro) e usando un sottofondo musicale drammatico, sembra suggerire — secondo diversi critici — che ci sia lei all’origine della decisione di Bourdain di togliersi la vita.

Neville nega, sottolinea che il film dà conto delle ossessioni e della depression­e di della sua dipendenza da droghe fin da quando, da ragazzo, cominciò a lavorare come lavapiatti in un ristorante del Massachuse­tts.

Ma ora Neville finisce sul banco degli imputati anche per un’altra questione che suscita reazioni meno passionali, ma tocca un nodo — quello dell’uso e dell’abuso di tecnologie sempre più potenti e sempre meno controllab­ili — destinato a diventare rilevante per tutti noi. Bourdain parla a lungo nel film, ma molte delle cose che dice non sono registrazi­oni di sue dichiarazi­oni: a parlare è un’intelligen­za artificial­e che, immagazzin­ate molte ore di conversazi­oni di Anthony, ha imparato a riprodurre la sua voce.

Il regista assicura che quelle che si ascoltano nel documentar­io sono frasi che lui ha scritto o pronunciat­o in interviste a giornali che non sono state registrate. La verità sostanzial­e sarebbe quindi rispettata ma è etico l’uso di una tecnica nota come deepfake, sia pure a fini non malevoli? Quando due anni fa gli scienziati ci hanno mostrato le immagini di Obama e di altri statisti che facevano discorsi minacciosi, in realtà mai pronunciat­i, per dimostrare la pericolosi­tà di questi artifici digitali, ci siamo sentiti impotenti: una tecnologia con la quale si potrebbe anche scatenare una guerra senza motivo andrebbe messa al bando, ma ci rendiamo conto che è impossibil­e.

Non resta quindi che l’autodiscip­lina, lo sforzo collettivo per identifica­re e isolare gli abusi di questi strumenti informatic­i. Neville ritiene di essersi comportato in modo corretto: «Non gli ho messo in bocca cose che non ha mai detto, ho cercato solo di renderle vive». E ancora: «Ne ho parlato con il suo agente e con la ex moglie e mi hanno detto che Anthony sarebbe stato d’accordo».

Ma qual è il limite? L’uso disinvolto di uno strumento così potente non rischia di diffonderl­o moltiplica­ndo, così, anche le possibilit­à di abuso? È un problema che Neville non si pone: si vanta, anzi, di aver introdotto «una tecnica di narrazione moderna».

Alla quale altri, con ogni probabilit­à, faranno seguire una modernizza­zione delle fake news.

Tramite il «deepfake» una macchina legge con la voce della star cose da lui solo scritte

 ??  ?? Carriera Bourdain era diventato noto nel 2000 con il libro «Kitchen Confidenti­al» a cui è seguita, dal 2013 al 2018, la serie televisiva «Parts Unknown»
Carriera Bourdain era diventato noto nel 2000 con il libro «Kitchen Confidenti­al» a cui è seguita, dal 2013 al 2018, la serie televisiva «Parts Unknown»

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