Minacce a Michetti, sede imbrattata Il Pd solidale: violenza inaccettabile
Meloni: campagna elettorale indegna, felice che sia finita. L’appello di Berlusconi: votate
ROMA Si è chiusa — tra minacce, polemiche e rammarico — la campagna elettorale del centrodestra a Roma. In salita ripidissima negli ultimi 15 giorni, da quando l’inchiesta di Fanpage sulla «lobby nera» ha squassato Fratelli d’Italia, ha riportato sulla scena il tema delle tentazioni nostalgiche e neo-fasciste del partito della Meloni e ha acceso un faro sulle varie scivolate del candidato Enrico Michetti, dalle uscite sulla Shoah all’«efficienza» della Wermacht.
Così, nell’ultimo giorno di campagna elettorale, è finito lui nel mirino: nella notte di giovedì infatti il suo quartier generale ha subito un atto vandalico. «Non si vince così, non si può arrivare a livelli cosi` bassi per “uccidere” una persona», si è sfogato Michetti. All’entrata del comitato, nel quartiere romano della Montagnola, sono comparse sull’insegna col nome del candidato le scritte «Michetti fascista» e la minaccia «ricordati di Piazzale Loreto», accompagnate dalla stella a cinque punte simbolo delle Brigate Rosse. Immediata la reazione di Giorgia Meloni, che ha chiesto «la condanna unanime da parte di tutte le forze politiche». Per lei, questa è stata «una campagna elettorale indegna, sono felice che sia finita». La condanna del Pd è arrivata subito: «Piena solidarietà» dallo sfidante Roberto Gualtieri, dal segretario Enrico Letta («Odio e insulti non possono far parte in alcun modo della dialettica democratica»). Condannano anche l’ex sindaca Virginia Raggi e tutti gli alleati. Fra i quali Silvio Berlusconi, che si è collegato telefonicamente al comizio in piazza Campo dei Fiori per sostenere Michetti «professionista e uomo perbene», per ricordare che Bertolaso sarebbe pronto ad occuparsi dell’emergenza rifiuti e soprattutto per fare un appello ad andare a votare perché «il cambiamento dipende solo da voi, non è possibile che siano così tanti gli elettori che restano a casa. Se non lo fate poi non potrete lamentarvi, la colpa sarà vostra».
Ma per tutta la giornata è stata ancora una volta la Meloni al centro della scena. Ha continuato ad attaccare la ministra dell’Interno Lamorgese per la gestione della piazza di sabato scorso («Le violenze non sono solo state permesse, sono state agevolate!»). Ma ha dovuto rinunciare a un appuntamento che le sarebbe servito per replicare alle accuse di antisemitismo: una visita al Ghetto di Roma per deporre una corona di fiori in ricordo del rastrellamento nazifascista del 16 ottobre 1943. In mattinata, infatti, visto che l’annuncio arrivato la sera prima aveva provocato un forte scontento in una parte della comunità, è stato annunciato il rinvio per «rispetto di tutti» e per «evitare qualsiasi incomprensione». La conferma arriva anche dalla presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello: «La visita è stata rinviata per questioni di opportunità nell’imminenza del voto, non ci sono altri temi, sarà riprogrammata».