La società che vessava i rider dovrà risarcirli con 10 mila euro
Milano, la decisione della giudice: ai lavoratori i 500 mila euro confiscati all’azienda
MILANO Ai reclami di un fattorino, reo d’averli apostrofati «schiavisti», quelli della società milanese di pony express Flash Road City-Frc (la quale a 3 euro netti a consegna reclutava richiedenti asilo per portare in bici o moto i pasti ordinati dai clienti della piattaforma digitale Uber Eats in forza di un contratto di prestazione tecnologica con Uber Portier Bv) ribattevano «ho solo minacciato di venirti a rompere la testa», e poi al manager Uber promettevano: «Se mi fai avere almeno un’idea di quelli che sono stati i peggiori, io li cazzio subito e anzi addirittura li blocco».
Ma ieri 44 di quei ciclofattorini, costituitisi parti civili nel processo a uno degli amministratori di fatto della Frc partner di Uber Eats, hanno avuto dal Tribunale di Milano un riconoscimento sinora inedito in Italia nei procedimenti per caporalato nel mondo dei riders: nella sentenza di primo grado con la quale ha infatti condannato in rito abbreviato Giuseppe Moltini a 3 anni e 8 mesi per intermediazione illecita di lavoro, la giudice Teresa De Pascale ha infatti deciso di convertire il sequestro conservativo di 500.000 — che durante le indagini del Nucleo di polizia economico-finanziaria della GdF milanese era stato operato dal pm Paolo Storari, e che dunque in teoria sarebbe andato in confisca a beneficio dell’Erario — in pignoramento a garanzia di provvisionali di risarcimento danni per 10.000 euro a testa a ciascuno dei 44 ciclofattorini. «Un risultato possibile grazie alla legge 199/2016, fortemente sostenuta dalla Cgil», esprime soddisfazione la Cgil Camera del Lavoro di Milano, al quale pure la giudice ha riconosciuto un risarcimento di 20.000 euro.
La giudice ha inoltre accollato a Moltini 21.000 euro di spese legali dei riders assistiti dai legali Maurizio Riverditi, Laura Martinelli, Sergio Bonetto, Giulia Druetta e Gianluca
Vitale. Per reati fiscali hanno avuto 2 anni Giovanni Abbrancati, e 1 anno 6 mesi 20 giorni Isidoro Taddeo, mentre Leonardo Moltini e Danilo Donnini hanno patteggiato 3 anni e 2 anni per intermediazione illecita di manodopera, e Miriam Gilardi 1 anno e 6 mesi per favoreggiamento. Lunedì inizierà con rito ordinario il processo a Gloria Bresciani, manager (sospesa) di Uber, anche lei imputata di caporalato sui fattorini.
Era infatti nei rapporti anfibi tra la società intermediaria e Uber che si creavano le condizioni nelle quali migranti da Mali, Nigeria, Costa d’Avorio, Gambia, Guinea, Pakistan, Bangladesh, richiedenti asilo e dimoranti in centri di accoglienza straordinaria, «pertanto in condizione di estrema vulnerabilità e isolamento sociale», venivano «pagati a cottimo 3 euro a consegna indipendentemente da distanza, meteo e orario»; e subivano «sottrazione “legalizzata” di mance, mancato pagamento di ritenute», «richieste di un numero di corse non compatibili con una tutela minima delle condizioni fisiche», e «”punizioni” sotto forma di detrazione di 0,50 euro per consegna a titolo di penale sulle mancate accettazioni di ordini se superiori al 95% o sulle cancellazioni se superiori al 5%».
Per questo nel maggio 2020 il pm aveva ottenuto anche il commissariamento della filiale italiana di Uber, poi revocato a marzo 2021 dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano, presieduta da Fabio Roia, dopo il riconoscimento del percorso «virtuoso» di rientro nella legalità a seguito dell’indagine.
Luigi Ferrarella lferrarella@corriere.it