Corriere della Sera

«Quell’intuizione che ha fatto volare la mia (ex) azienda»

Falconeri e Calzedonia: i dubbi e le sfide vinte

- Carlotta Clerici © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Quando nel 2009 il Gruppo Calzedonia ha acquisito il brand Falconeri, mi sono reso conto dell’importanza di avere alle spalle una realtà consolidat­a e pronta nel dare direttive e indicazion­i chiare per il percorso di crescita del marchio, sia a livello di prodotto che di comunicazi­one e che permettess­e l’internazio­nalizzazio­ne che sognavo».

E’ un matrimonio più che felice quello tra Pierangelo Fenzi e il Gruppo Calzedonia di Sandro Veronesi che ha trasformat­o Falconeri, in poco più di 10 anni, in un vero e proprio colosso del cashmere. Il successo, tuttavia, non era scontato: «Da solo — osserva Fenzi — non fai tanta strada e il rischio maggiore è quello di andare a sbattere. Quando ho conosciuto Veronesi, mi è sembrato subito interessat­o a valorizzar­e il mio progetto. La verità, è che io sono un romantico e considero questa azienda un pezzo del mio cuore. E’ ovvio che, all’inizio, i dubbi ci sono stati, ma, con il tempo, ho capito che non avrei potuto fare una scelta più giusta e sensata. Entrare in un gruppo così grande, del resto, è sempre complicato: avevo paura di snaturare l’azienda e in più ero abituato a lavorare da solo. Dall’altro lato, però, lavorare in un gruppo così ti insegna e ti offre moltissimo, facendoti prendere soddisfazi­oni incredibil­i come, per esempio, essere riuscito a portare la parte uomo (all’inizio relegata in un angolo per puntare sulla moda donna) al 24% (+54% rispetto al 2020)». Soltanto un piccolo esempio dei numerosi traguardi conquistat­i da Falconeri negli ultimi anni. Tra i quali spicca, secondo Fenzi, la mossa geniale di Veronesi

Pierangelo Fenzi «Avere alle spalle un gruppo così mi ha fatto raggiunger­e obiettivi prima impensabil­i»

dei prezzi super democratic­i (149 euro) per gran parte dei capi in Superior Cashmere. «Si tratta — spiega Fenzi — di un prezzo aggressivo che ci sta dando tantissime conferme: nel 2020 abbiamo venduto quasi 260mila capi contro ai 180mila del 2019. E’ stata una vera fortuna avere questa intuizione prima della pandemia». Anche perché l’emergenza sanitaria non è riuscita a scalfire i piani di Falconeri. «I primi 6 mesi — racconta Fenzi — ci siamo trovati di fronte a un fatto talmente inaspettat­o e la chiusura dei negozi (oltre 130 i punti vendita di Falconeri in 27 paesi del mondo) ci ha sorpreso. La nostra grande sfida, però, è stata far proseguire le produzioni: gli stabilimen­ti che potevano produrre sono andati avanti, non fermandosi nemmeno un giorno». E il coraggio è stato premiato: «Quando hanno riaperto i negozi, avevamo tutta la merce necessaria per soddisfare le vendite, così come per riassortir­e gli stores e non restare scoperti. Sembra incredibil­e ma, da agosto a gennaio, l’anno scorso abbiamo fatto risultati straordina­ri». Tra gli articoli più venduti, oltre agli imbattibil­i collo alto neri, le tute in cashmere e il debuttante piumino smanicato, andato esaurito in pochissimi giorni. «Ora stiamo lavorando sulla tecnologia 3D, ma anche sulla possibilit­à di nuove aperture».

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 ?? ?? Pierangelo Fenzi, ex proprietar­io di Falconeri e ora responsabi­le dell’ufficio stile Uomo. Qui sopra la fibra grezza del cashmere, che Falconeri ha reso «democratic­o» vendendolo a 149 euro: nel 2020 ne sono stati venduti 260 mila capi, contro i 180 mila del 2019
Pierangelo Fenzi, ex proprietar­io di Falconeri e ora responsabi­le dell’ufficio stile Uomo. Qui sopra la fibra grezza del cashmere, che Falconeri ha reso «democratic­o» vendendolo a 149 euro: nel 2020 ne sono stati venduti 260 mila capi, contro i 180 mila del 2019

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