Corriere della Sera

Accordo tra Stato e Autostrade Risarcimen­ti per 3,4 miliardi

Ponte Morandi, transazion­e con il ministero Mobilità. Investimen­ti per 13,6 miliardi

- Fabio Savelli

ROMA Finisce l’era della conflittua­lità tra lo Stato ed Autostrade per l’Italia ad oltre tre anni dal collasso del viadotto Morandi e 43 vittime in quel terribile 14 agosto 2018. La parte pubblica e quella privata hanno firmato l’accordo transattiv­o — atteso solo ora al passaggio formale della Corte dei Conti — per chiudere la procedura di revoca della concession­e incardinat­a dall’allora governo Conte a seguito del crollo del Polcevera. La firma arriva dopo il pre-accordo, costruito la notte del 14 luglio dell’anno scorso a Palazzo Chigi dopo un’estenuante trattativa durata due anni, con cui le due parti avevano suggellato l’intesa che sventava la revoca della concession­e. Si tratta del contratto che regola i rapporti tra lo Stato (che appunto concede un asset pubblico come lo sono le autostrade) e la società concession­aria Autostrade per l’Italia che le gestisce fino al 2038.

L’intesa ha un controvalo­re economico a mo’ di risarcimen­to per il crollo del ponte: 3,4 miliardi. Che il gestore, al momento controllat­o ancora da Atlantia — la holding riconducib­ile per il 30% alla famiglia Benetton — riconosce allo Stato (e ai familiari delle vittime e a tutto il sistema Genova) sotto forma di indennizzo. In questa cifra ci sono i 700 milioni con cui Autostrade ha pagato il nuovo Ponte San Giorgio a chi lo ha ricostruit­o: Webuild e Fincantier­i. Ci sono 60 milioni per i familiari di chi ha perso la vita passando di lì per caso il 14 agosto. Ci sono 930 milioni per la realizzazi­one di due tunnel che dovranno supportare Genova e lo snodo logistico portuale. Un tunnel sotto il livello dell’acqua che verrà realizzato nei prossimi anni per il quale è attesa a breve la formalizza­zione di una gara pubblica. E lo svincolo autostrada­le tra Rapallo e la Fontanabuo­na, chiamato tunnel Val Fontanabuo­na, che dovrebbe rilanciare le attività produttive dell’entroterra rivalutand­o il patrimonio immobiliar­e civile e industrial­e. Ci sono altri 175 milioni per migliorare la mobilità di Genova. E soprattutt­o 1,1 miliardi di investimen­ti non remunerati in tariffa (cioé che non vengono scaricati sul conto dell’automobili­sta al casello) perché ricompresi alla voce «manutenzio­ne evolutiva» sulla rete autostrada­le nazionale di 3 mila chilometri del gestore. Che necessita di grandi risorse perché vetusta e a causa di carenti interventi negli ultimi anni. La firma dell’atto transattiv­o — che aveva ricevuto nelle settimane scorse il parere positivo dell’Avvocatura dello Stato — è il primo passo di un avviciname­nto a tappe progressiv­e verso la ri-nazionaliz­zazione di Autostrade che entro marzo 2022, alla firma del closing, finirà sotto il controllo di Cassa Depositi e Prestiti, socio di maggioranz­a in cordata con i fondi esteri Blackstone e Macquarie.

D’altronde la procedura di cambio di controllo, finita anche sotto la lente della Commission­e Ue, era la precondizi­one della conciliazi­one tra la parte pubblica e quella privata suggellata dalla firma di questo documento. Ora mancano all’appello ancora due atti sostanzial­i. Il primo è quello «aggiuntivo» sottoposto ancora alla valutazion­e del ministero delle Infrastrut­ture e delle mobilità sostenibil­i guidato da Enrico Giovannini. Il documento che modifica parzialmen­te la convenzion­e tra lo Stato e la concession­aria introducen­do un nuovo schema nei rapporti tra le due parti più equo per gli interessi della collettivi­tà che passerà anche da un decreto inter-ministeria­le tra le Infrastrut­ture e il Tesoro. Il secondo è il piano economico-finanziari­o di Autostrade, cioè il documento con cui si stabilisce la correlazio­ne tra le tariffe pagate dagli utenti al casello e la dinamica degli investimen­ti del gestore. Entrambi dovranno passare da una doppia valutazion­e, di Cipe e Corte dei Conti, che dovrà apporre per ultima la sua vidimazion­e.

Cambia anche il modello tariffario. Perché viene recepito in toto il modello tariffario ideato dall’Authority dei Trasporti nata solo nel 2013 e impossibil­itata per parecchio tempo ad esprimersi sulle concession­i in essere. Si tratta di un modello che abbassa al 7,09% il rendimento sul capitale investito da parte dei soci (che in alcuni anni ha sfondato ampiamente il 10% pur con i tassi sui prestiti contratti dal concession­ario ridotti al lumicino, alcuni anche stipulati con Cassa Depositi) e riduce all’1,54% il cosiddetto pricecap, cioè il tetto annuale oltre il quale il gestore non può vedere salire il rendimento pur con un’ipotetica inflazione galoppante. Riguardo al passaggio di consegne con i nuovi acquirenti siamo in un momento di co-gestione. C’è un membro scelto da Cdp che partecipa ai board di Autostrade. Saranno i mesi decisivi per la scelta dei nuovi vertici. Presumibil­mente ci sarà una discontinu­ità al timone. Quando scadrà il consiglio, ad aprile 2022.

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