Ciampi, storia di un italiano Gli scritti di Prodi, Monti e Visco
L’opera presentata ieri. Quadrio Curzio: personalità identitaria della nostra cultura
Ci sono i mille volti di un grande italiano nei due volumi pubblicati dalle edizioni della Normale di Pisa, intitolati «Carlo Azeglio Ciampi 1920–2020», presentati ieri all’Accademia dei Lincei, davanti al capo dello Stato, Sergio Mattarella, e al neopremio Nobel per la Fisica, Giorgio Parisi.
Le 800 pagine dell’opera, provenienti dagli atti di cinque seminari celebrati nel centenario della sua nascita, faticano persino a tenere insieme tanta personalità e tanta storia. Che è poi quella del nostro Paese, come ha riconosciuto Alberto Quadrio Curzio, presidente emerito dell’Accademia, attribuendo al decimo presidente della Repubblica
«una personalità identitaria della cultura italiana».
Così, attraverso gli scritti di 61 autori, da Romano Prodi a Ignazio Visco, da Mario Monti a Andrea Manzella, da Sabino Cassese a Pierluigi Ciocca e Quadrio Curzio, si ripercorre l’inconsueta formazione di quello che sarebbe diventato Governatore della Banca d’Italia (1979-1993) e poi ministro del Bilancio e del Tesoro (fino al 1999), passando per la presidenza del Consiglio (199394) senza avere una laurea in Economia (ma una in Letteratura alla Normale e una in Giurisprudenza). Un «non economista» che ha guidato alcune delle scelte economiche più importanti del Paese: dalla separazione tra Tesoro e Banca d’Italia, alla riforma bancaria, dalle privatizzazioni all’ingresso nell’euro e all’accordo sul costo del lavoro.
Bello il ricordo di Giuliano Amato, che seguì a Ciampi a Palazzo Chigi e oggi è vicepresidente della Consulta: «Ciampi era un italiano per due ragioni: nella Repubblica fondata sul lavoro emerse esclusivamente attraverso il suo lavoro; come italiano dedicò larghissima parte della sua vita a stimolare il senso della Patria, soprattutto nella veste di presidente della Repubblica (1999-2006, ndr)». Un compito, quello di capo dello Stato, che condusse forte di un grandissimo attaccamento al Paese che aveva dimostrato già da giovane, quando l’8 settembre 1943 non tornò a casa ma lasciò gli studi per andarsi a unire agli alleati. Enzo Cheli, accademico dei Lincei, ne ricorda «l’instancabile opera di pedagogia costituzionale». «Fu un patriota della Repubblica» per Quadrio Curzio, «portatore di un’identità italiana non nazionalistica ma aperta, che si nutriva anche dell’attaccamento ai simboli, come l’inno nazionale».
Resta sullo sfondo la domanda di Cassese sull’eredità di Ciampi: «Quali dei nostri brillanti giovani oggi sarebbe capace di contemplare mete altrettanto ardite?».