Il ritorno dei Duran Duran: a 60 anni guardiamo avanti ma ci piace vivere il presente
Un affascinante gruppo di 60enni, forse perfino migliori di quei 20enni che hanno fatto impazzire il mondo. Un incontro via zoom con la band, esplosa negli Anni 80 e 90, che ha venduto oltre 100 milioni di dischi: i Duran Duran. Perché il 22 ottobre, in tutto il mondo, uscirà l’ultimo disco, il loro quindicesimo, «Future Past». Simon Le Bon (63 anni), voce; Nick Rodes (59 anni), tastiera; John Taylor (61 anni), chitarra; Roger Taylor (72 anni) erano nelle rispettive case, tra Regno Unito e Stati Uniti dove vivono, per raccontare la loro ultima avventura.
È diversa l’emozione che si prova a cantare davanti alle folle a 20 anni e a 60? «Certamente sì — replicano all’unisono —. 40 anni fa eravamo una band, diventata famosissima velocemente, oggi siamo più consapevoli, apprezziamo di più il rapporto con il pubblico. Scrivere musica è un modo per connetterci con le persone e questo album è un vaggio dei sentimenti, un
lavoro durato a lungo, in parte anche autobiografico». La band, che pure è innovativa e tecnologica per quanto riguarda la musica, è contraria alle tecnologie che impediscono il rapporto umano tra le persone. «Abbiamo perso il contatto diretto — sottolineano — ma la pandemia ci ha insegnato che le interazioni umane sono la cosa più grande e preziosa che c’è».
Tutto va in questa direzione. Perfino il titolo dell’album «Futuro passato» che loro spiegano così: «Significa che ogni momento della nostra vita può oscillare tra futuro e passato, per questo l’unica cosa che conta è il presente». Quando si fa notare al quartetto che in Italia hanno segnato un’epoca, replicano: «Essere parte della cultura pop di questo Paese è straordinario. Noi amiamo profondamente l’Italia. C’è stato un tempo in cui un settimanale scrisse che Simon Le Bon era famoso come il Papa...».