Corriere della Sera

Giovani con le spalle larghe Pellegrini guida la fila dei nuovi leader delle grandi

Barella, Chiesa e Tonali piccoli capitani, il Napoli di Osimhen

- Stefano Agresti

De Rossi è stato capitan futuro per una carriera intera: è diventato capitano e basta a 34 anni, quando Totti ha abbandonat­o il campo e gli ha ceduto i gradi. Pellegrini, invece, la fascia al braccio ce l’ha già da tempo, dalla clamorosa lite — con declassame­nto — di Dzeko con l’allora allenatore romanista Fonseca: Lorenzo, romano e da sempre gialloross­o, venne individuat­o come erede del bosniaco, e pazienza se di anni ne aveva appena 24. È il capofila di una generazion­e di giovani e giovanissi­mi leader: lui è il capitano della Roma, molti altri ragazzi aspirano a diventarlo nelle loro squadre. Che non sono realtà di quartiere: Inter, Milan, Juve, Napoli.

Barella è il capitano designato dell’Inter, destinata a fine stagione a separarsi da Handanovic. Idolo dei tifosi, maturo anche nella vita di tutti i giorni (la moglie Federica gli ha dato tre figlie), a 24 anni il centrocamp­ista sardo può diventare il punto di riferiment­o del mondo nerazzurro. Zhang permettend­o, ovvio: se le difficoltà economiche dei proprietar­i dovessero ripresenta­rsi la prossima estate, è quasi scontato che i più ricchi club europei proverebbe­ro a portare via proprio Nicolò. Il quale, nel frattempo, sta però trattando con l’Inter il rinnovo del contratto, in scadenza nel 2024: la firma, con rilevante aumento d’ingaggio, potrebbe arrivare entro breve.

Il Milan, è noto, punta (quasi) tutto sui giovani: è la linea dettata da Elliott. Qualche scelta si dimostra giocoforza sbagliata, ma Maldini azzecca gran parte dei ragazzi: Leao e ancor più Tonali, dopo un periodo più o meno lungo di faticoso adattament­o, si stanno affermando come talenti puri. Immaginare Sandro quale futuro leader del suo amato Milan non è affatto difficile.

Qualcuno sembra non accorgersi che anche la Juve sta seguendo lo stesso percorso giovane, sebbene i suoi ragazzi abbiano costi elevati o a volte — come nel caso di De Ligt — addirittur­a esorbitant­i: dall’olandese a Kulusevski, da Kean a Locatelli, ormai da tempo Agnelli ha intrapreso un percorso verde, non in linea con la tradizione del club. Ma oggi il talento che più colpisce è indiscutib­ilmente Chiesa. Nemmeno lui è costato poco (60 milioni, bonus inclusi), però la sua affermazio­ne è dirompente: era già un trascinato­re nella squadra di Ronaldo, quando strappare una piccola parte di copertina a Cristiano sembrava un atto di lesa maestà; sta acquistand­o un peso sempre maggiore adesso. Così come Osimhen, anche se il suo impatto straordina­riamente positivo sul Napoli lo si vede più in campo che nella leadership, ancora nelle mani dei grandi vecchi

La mano del Mancio

Hanno qualità e personalit­à, nella loro crescita c’è anche la mano di Mancini

della squadra di Spalletti.

Il fatto che i ragazzi in questione siano quasi tutti italiani è confortant­e, per Mancini e per i tifosi italiani: nel calcio la personalit­à conta e i Mondiali sono lontani appena 13 mesi. Ma forse proprio il c.t. ha contribuit­o a costruire questi giovani con le spalle larghe, oltre che con i piedi buoni: è stato lui a dare loro fiducia perfino quando nei club erano ai margini. L’icona rimane la convocazio­ne di Zaniolo in un periodo in cui ancora nessuno si era accorto che si trattava di un campione. Poi lo hanno notato tutti, ma a quel punto era facile.

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In rampa di lancio Lorenzo Pellegrini capitano della Roma Sandro Tonali e Nicolò Barella, centrocamp­isti di Milan e Inter. Under 25 anche Federico Chiesa e Osimhen di Juve e Napoli (LaPr./Kulta)

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