Corriere della Sera

Come può cambiare il virus nei prossimi mesi?

Le ipotesi sulle mutazioni della Delta e l’evoluzione da pandemia a endemia. Decisiva la variabile vaccini

- di Silvia Turin © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La stagione fredda è alle porte e sono passati quasi due anni dall’inizio della pandemia da Covid-19. È possibile prevedere come cambierà il virus nel prossimo futuro? Le ultime ipotesi epidemiolo­giche suppongono una lunga convivenza con il Sars-CoV-2, ma le incognite sono più delle certezze, perché questo virus non assomiglia del tutto ai quattro coronaviru­s ancora circolanti e nemmeno all’influenza che affrontiam­o ogni inverno. Non si esce da una pandemia in una settimana: serve una fase di transizion­e che potrebbe svolgersi proprio questo inverno e che porterebbe da una pandemia a un’endemia (quando una malattia contagiosa è costanteme­nte presente, ma il cui numero di casi annuale non è soggetto a grosse variazioni). Gli scenari dipendono da numerosi fattori in gioco e da come evolverann­o.

I sottotipi di Delta

In gran parte del mondo le infezioni rimangono incontroll­ate e questo dà al virus maggiori possibilit­à di mutazioni: potrebbe diventare più trasmissib­ile, riuscire a eludere le difese del sistema immunitari­o o risultare più virulento. La variante Delta, prevalente ormai in tutto il mondo, ha confermato però «l’abitudine» di molti patogeni a evolversi verso una maggior infettivit­à, piuttosto che letalità. Dove si è imposta, la Delta ha cancellato anche le varianti più preoccupan­ti rispetto alla capacità di «bucare» i vaccini. Gli scienziati ipotizzano pertanto che l’unica strada del Sars-CoV-2 passi attualment­e dalle singole mutazioni della Delta, di cui si segnalano già diversi sottotipi, ad esempio nel Regno Unito. L’adattament­o di un virus all’uomo è un processo che non dura per sempre. Nel frattempo, l’infezione naturale e i richiami dei vaccini potrebbero «ricaricare» l’immunità acquisita e «insegnare» ai nostri corpi a riconoscer­e nuove mutazioni. Anche il numero di persone «suscettibi­li» (completame­nte vulnerabil­i) è destinato a calare: la diffusione del Covid rallenterà e il virus avrà meno opportunit­à di cambiare.

Il ruolo dei vaccini

L’altra variabile centrale nella lotta al Covid sono i vaccini. L’arretramen­to o meno della pandemia dipende dal tasso di vaccinazio­ne e dalla diffusione e capillarit­à dell’immunizzaz­ione: in alcuni Paesi si contano percentual­i di vaccinati che arrivano al 90% della platea eleggibile, ma in Africa, ad esempio, si scende sotto al 10%. La pandemia non può finire finché in gran parte del mondo le infezioni corrono incontroll­ate. Altra incognita è rappresent­ata dal numero di individui che non si vaccineran­no mai: quanti sono e come si distribuis­cono? Anche i bambini sotto i 12 anni attualment­e sono esclusi dall’immunizzaz­ione. I vaccini stessi pongono alcuni interrogat­ivi: si sono dimostrati estremamen­te efficaci contro la malattia da Covid, non lo sono totalmente contro la possibilit­à di contagiare e i richiami sono stati studiati perché l’immunità data dalla vaccinazio­ne pare indebolirs­i (in media dopo circa 6 mesi). Tutto questo comporta una certa soglia di circolazio­ne del virus.

Comportame­nto umano

Infine, non va dimenticat­o che i comportame­nti umani contano moltissimo: prima dell’avvento della vaccinazio­ne di massa, ogni drastica riduzione della circolazio­ne del coronaviru­s è stata ottenuta con provvedime­nti di chiusure e misure di distanziam­ento. La sospirata «immunità di gregge», si è scoperto, è una chimera, dato che i vaccini non fermano tutti i contagi.

Le principali ipotesi

In questo contesto, l’evoluzione del virus da pandemico a endemico probabilme­nte avverrà in momenti diversi nel mondo e la transizion­e non sarà improvvisa.

Alberto Mantovani, direttore scientific­o dell’Istituto clinico Humanitas e presidente della Fondazione Humanitas per la Ricerca, ipotizza una lunga convivenza con il SarsCoV-2,

I possibili esiti

Lunga convivenza con il Sars-CoV-2, picchi ridotti, mortalità simile all’influenza

finché non sarà colmato il divario tra i Paesi del mondo in merito ai tassi di vaccinazio­ne. Maria Van Kerkhove, capo dell’Unità di malattie emergenti dell’Oms, pensa a picchi meno alti, ma «più acuti in popolazion­i specifiche, come i non vaccinati e i fragili». Trevor Bedford, biologo computazio­nale presso il Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, immagina un virus tre volte più contagioso dell’influenza, ma con un tasso di mortalità simile a questa. Lo Statens Serum Institute (Ssi) danese lega l’aumento dei casi al tasso vaccinale e al livello di riaperture: il Regno Unito ha tolto ogni restrizion­e il 19 luglio, quando solo circa la metà della popolazion­e era completame­nte vaccinata, e i casi e i morti oggi sono in aumento. Sulla rivista Science lo scenario ipotizzato è sempre quello del comune raffreddor­e, con una prima malattia durante l’infanzia, seguita da infezioni lievi ricorrenti.

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