Polonia-Ue, la via della sospensione (sperando che sia temporanea)
La Polonia è uno dei 27 membri dell’Unione Europea, ma il governo di Varsavia è composto dai rappresentanti di un partito (Diritto e Giustizia) che non ne condivide i principi e gli obiettivi. È un partito nazionalista, ma il suo nazionalismo è alquanto diverso da quello che animò il Paese quando fu invaso dalla
Wehrmacht o dovette diventare, alla fine della Seconda guerra mondiale, un satellite dell’Unione Sovietica. Il nazionalismo d’oggi è l’ideologia di cui un partito si serve per impadronirsi del sistema giudiziario e sostituire con altri magistrati quelli che non favoriscono le sue ambizioni. Altri sono già suoi alleati. La Corte costituzionale polacca ha recentemente decretato che alcune norme europee sono incompatibili con quelle della costituzione nazionale e che questa, in Polonia, è più autorevole della costituzione europea.
La Commissione di Bruxelles non può accettare una posizione che mette in discussione la natura federale della Ue e si appresta ora a punire la Polonia con multe in denaro e con la sospensione di prestiti e sussidi. Molti in altri Paesi pensano addirittura che la Polonia non possa adottare una tale posizione e continuare a fare parte dell’Unione. È una conclusione comprensibile. Come potrebbe la Commissione applicare le sue norme soltanto ai Paesi che le accettano e permettere ad altri di violarle? È una situazione simile a quella della Gran Bretagna quando cercò di sottrarsi all’osservanza di alcune norme dell’Unione. Ma nel Regno Unito vi fu un referendum che sciolse il nodo delle incertezze e liberò la Commissione da un obbligo (l’espulsione) necessario ma sgradevole. In Polonia, invece, il referendum non sembra essere, per il momento, all’ordine del giorno e molti dimostranti negli scorsi giorni sono scesi nelle piazze di Varsavia per chiedere che il Paese rimanga nella Ue. In queste circostanze il capo del governo polacco, Mateusz Morawiecki, non farà mai un referendum (di cui conosce già il risultato) e ha dichiarato che non vuole uscire dall’Unione. Ne vuole i vantaggi e ne rifiuta i principi.
La situazione è diventata imbarazzante. Possiamo multare la
Polonia o addirittura prendere in considerazione la sua espulsione dalla Ue. Ma una tale decisione punirebbe quella parte del Paese (probabilmente maggioritaria) che desidera restare nell’Unione. Non possiamo nemmeno creare un pericoloso precedente permettendo che un membro della Ue non riconosca il primato della costituzione europea su quella dei singoli Stati. La diplomazia cercherà di trovare un compromesso e può fare miracoli. Ma una decisione che cerchi di dare a tutti un po’ di soddisfazione non gioverebbe al futuro dell’Europa. Forse è meglio sospendere per il momento la Polonia lasciandola nella terra di nessuno (una formula mai applicata sinora) e sperare che la sua assenza dalla casa madre sia temporanea.