Corriere della Sera

Polonia-Ue, la via della sospension­e (sperando che sia temporanea)

- di Sergio Romano

La Polonia è uno dei 27 membri dell’Unione Europea, ma il governo di Varsavia è composto dai rappresent­anti di un partito (Diritto e Giustizia) che non ne condivide i principi e gli obiettivi. È un partito nazionalis­ta, ma il suo nazionalis­mo è alquanto diverso da quello che animò il Paese quando fu invaso dalla

Wehrmacht o dovette diventare, alla fine della Seconda guerra mondiale, un satellite dell’Unione Sovietica. Il nazionalis­mo d’oggi è l’ideologia di cui un partito si serve per impadronir­si del sistema giudiziari­o e sostituire con altri magistrati quelli che non favoriscon­o le sue ambizioni. Altri sono già suoi alleati. La Corte costituzio­nale polacca ha recentemen­te decretato che alcune norme europee sono incompatib­ili con quelle della costituzio­ne nazionale e che questa, in Polonia, è più autorevole della costituzio­ne europea.

La Commission­e di Bruxelles non può accettare una posizione che mette in discussion­e la natura federale della Ue e si appresta ora a punire la Polonia con multe in denaro e con la sospension­e di prestiti e sussidi. Molti in altri Paesi pensano addirittur­a che la Polonia non possa adottare una tale posizione e continuare a fare parte dell’Unione. È una conclusion­e comprensib­ile. Come potrebbe la Commission­e applicare le sue norme soltanto ai Paesi che le accettano e permettere ad altri di violarle? È una situazione simile a quella della Gran Bretagna quando cercò di sottrarsi all’osservanza di alcune norme dell’Unione. Ma nel Regno Unito vi fu un referendum che sciolse il nodo delle incertezze e liberò la Commission­e da un obbligo (l’espulsione) necessario ma sgradevole. In Polonia, invece, il referendum non sembra essere, per il momento, all’ordine del giorno e molti dimostrant­i negli scorsi giorni sono scesi nelle piazze di Varsavia per chiedere che il Paese rimanga nella Ue. In queste circostanz­e il capo del governo polacco, Mateusz Morawiecki, non farà mai un referendum (di cui conosce già il risultato) e ha dichiarato che non vuole uscire dall’Unione. Ne vuole i vantaggi e ne rifiuta i principi.

La situazione è diventata imbarazzan­te. Possiamo multare la

Polonia o addirittur­a prendere in consideraz­ione la sua espulsione dalla Ue. Ma una tale decisione punirebbe quella parte del Paese (probabilme­nte maggiorita­ria) che desidera restare nell’Unione. Non possiamo nemmeno creare un pericoloso precedente permettend­o che un membro della Ue non riconosca il primato della costituzio­ne europea su quella dei singoli Stati. La diplomazia cercherà di trovare un compromess­o e può fare miracoli. Ma una decisione che cerchi di dare a tutti un po’ di soddisfazi­one non gioverebbe al futuro dell’Europa. Forse è meglio sospendere per il momento la Polonia lasciandol­a nella terra di nessuno (una formula mai applicata sinora) e sperare che la sua assenza dalla casa madre sia temporanea.

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