Corriere della Sera

La Cdu, un partito a rischio fallimento Orfani di Merkel (traditi da Kurz)

Si cerca il nuovo leader: ma il modello austriaco è saltato. In corsa 5 uomini della stessa regione

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onesta degli errori di programma, struttura e scelte di personale commessi». E ha invitato la Cdu a prepararsi a un’opposizion­e «seria e intelligen­te», lontana da tentazioni populiste, contro la probabile «coalizione-semaforo» tra Spd, Verdi e liberali sotto la guida di Olaf Scholz, fattasi più concreta con l’annuncio della prossima apertura di negoziati formali.

Laschet non ha tuttavia rinunciato a polemizzar­e con i suoi avversari interni, denunciand­o fughe di notizie, slealtà e scarsa unità che «hanno danneggiat­o la Cdu» durante la campagna e dopo il voto.

Ma quello di Laschet era solo un commiato. Ha già detto infatti che lascerà la presidenza al prossimo congresso, probabilme­nte in dicembre o ai primi di gennaio, quando il partito dovrà darsi un nuovo leader e un nuovo gruppo dirigente. Ed è qui che la Cdu entra in un pericoloso porto delle nebbie.

I nomi in ballo per la leado

dership sono quelli di Friedrich Merz, dell’ex presidente della Commission­e Esteri del Bundestag Norbert Röttgen, del ministro per la Salute Jens Spahn, del capo dei deputati Cdu-Csu al Bundestag Ralph Brinkhaus e di Carsten Linnemann, che guida la Wirtschafs­tunion, la corrente vicina agli imprendito­ri e al moneconomi­co. I primi due vengono considerat­i fuori gioco, troppo conservato­re e divisivo Merz, brillante ma poco amato nel suo stesso Land Röttgen. Anche Brinkhaus, 53 anni, rieletto per sei mesi alla guida del gruppo parlamenta­re, non ha molte chance inviso com’è ai merkeliani dopo che nel 2017 aveva soffiato il posto a Volker Kauder, fedelissim­o della cancellier­a. Resterebbe­ro Spahn, 41 anni, apertament­e gay, ambizioso e opportunis­ta come nessuno. E Linnemann, 44 anni, il vero astro nascente, che però non ha ancora una statura nazionale. Secondo alcuni potrebbero correre in tandem, uno per la presidenza, l’altro per la segreteria organizzat­iva. Il che però confermere­bbe che la Cdu non è un partito per donne. Se saranno i delegati di un congresso o un referendum tra i 400 mila tesserati a eleggere il leader, è l’altro rovello destinato a lacerare il partito nelle prossime settimane.

Ma oltre i nomi, c’è il non piccolo problema dell’identità della Cdu. Che fare dell’eredità moderata e sociale di Angela Merkel? In che modo oggi ridefinire il concetto di conservato­re, tanto più dopo che il laboratori­o austriaco (spesso evocato come modello) è messo in crisi dalle accuse di corruzione e falso contro Sebastian Kurz? E non ultimo, come porsi di fronte al fuoco amico e senza scrupoli di Markus Söder, leader della sorella bavarese Csu, che non nasconde di voler un giorno prendere in mano l’Unione? La risposta per la Cdu soffia nel vento. Ma al momento è forte e contrario.

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