Vigliotti: «La spinta Bei per le piccole imprese e la leadership green»
La nuova vicepresidente della Banca europea per gli investimenti
LUSSEMBURGO I cv spesso sono fuorvianti. «Chiariamo: sono nata a Taranto perché eravamo di passaggio, mio padre era carabiniere, ma la mia famiglia è originaria della provincia di Caserta e io ho vissuto ai Castelli romani da quando avevo 11 mesi». Gelsomina Vigliotti è la nuova vicepresidente italiana della Banca europea per gli investimenti. Una carriera al Mef in cui si è occupata, con diversi incarichi, delle relazioni internazionali finanziarie. La Bei è la banca che contribuisce a realizzare gli obiettivi dell’Unione. Nel 2020, il nostro Paese è stato ancora una volta il primo beneficiario con 11,9 miliardi di euro. «Un euro su 6 di finanziamenti Bei vanno all’Italia», ha ricordato Vigliotti.
Come vuole caratterizzare il suo mandato?
«Vengo da una lunga carriera sui temi europei e sui temi globali. Soprattutto negli ultimi due anni di esposizione alla preparazione della presidenza italiana del G20 e poi nella sua attuazione, nel confronto globale ho constatato quanto l’Europa sia avanti in termini di policy sul clima, sul welfare e sull’innovazione ma ha poi una certa difficoltà nell’implementazione di queste politiche. Per l’Europa vedo il rischio che non riesca ad esprimere appieno il proprio potenziale rispetto a molte altre economie emergenti, dove le policy sono meno stringenti e gli standard meno elevati. La Bei può svolgere un ruolo importante nella messa a terra di queste politiche. Adesso i driver principali sono l’innovazione, la sostenibilità, il clima, l’inclusione e la coesione, temi su cui anche noi lavoriamo e facciamo progetti. Sono politiche importanti anche per realizzare l’integrazione europea. La Bei nasce proprio per rispondere ai fallimenti di mercato e aiutare la coesione e la realizzazione del mercato interno».
I suoi incarichi al Mef le hanno fatto osservare da vicino la gestione della crisi greca e poi la reazione alla crisi scatenata dal Covid. L’Europa ha imparato la lezione?
«È normale che ci siano tensioni tra i Paesi e i governi, ma poi devono esserci degli obiettivi comuni. La risposta alla pandemia e alla crisi è stata una testimonianza importante di come l’Europa possa rispondere a certe sfide e come portarle avanti. Il risk sharing che abbiamo visto in seguito alla pandemia, durante la crisi greca non l’avremmo potuto immaginare. Anche la Bei ha svolto un ruolo fondamentale a sostegno dell’economia durante la crisi scatenata dal Covid, con interventi a supporto delle imprese e non solo. In Italia abbiamo sostenuto con 2 miliardi anche il settore sanitario. Nel 2020 abbiamo finanziato con 100 milioni di euro BioNTech/Pfizer per la ricerca del vaccino. E a livello internazionale abbiamo supportato Covax con 600 milioni».
Qual è il contributo della Bei al Pnrr?
«La Bei oltre a fare finanziamenti ha anche un’importante funzione di consulenza. Un finanziamento Bei è sempre accompagnato anche da una solida preparazione di progetto, abbiamo un grosso dipartimento ingegneristico e di esperti. Il supporto che possiamo dare alla realizzazione del Pnrr e in altri settori è molto importante. Di recente abbiamo partecipato ad alcuni progetti che si allineano alle priorità del Paese. Un investimento con Inwit da 250 milioni per il potenziamento dell’infrastruttura digitale, che è un tema rilevante dal punto di vista tecnologico e per l’inclusione. Abbiamo investito 600 milioni in un progetto di E-distribuzione del gruppo Enel per il rinnovamento e lo sviluppo della rete. E poi non va dimenticato il Fondo di garanzia europeo: l’operazione più importante, da 750 milioni, è stata fatta con Intesa Sanpaolo per lo sviluppo delle Pmi».
Arriveranno dall’Europa tantissimi soldi Vogliamo aiutare le amministrazioni a spendere e a moltiplicare le risorse
Quali sono le priorità per il Paese in questo momento?
«Arriveranno dall’Europa tantissimi soldi, l’Italia deve spenderli e deve farlo in maniera organizzata. Le amministrazioni si stanno preparando e noi come Bei vogliamo entrare in rapporto con loro per aiutarle a sfruttare appieno e a moltiplicare queste risorse. È un momento di grande sfida per l’Italia: mi sembra molto pronta a raccoglierla e a portarla avanti».
C’è uno sforzo a livello Ue per aumentare la presenza di donne ai vertici delle istituzioni economiche. Come si deve favorire il processo?
«Bisogna mettere le donne nella condizione di poter arrivare al vertice e il lavoro va fatto a monte per potere avere poi le candidate. Bisogna fare in modo che le ragazze abbiano accesso alle opportunità di studio e di carriera e si devono creare le condizioni anche nella società con servizi a disposizione delle famiglie. Penso anche che sia una questione un po’ generazionale e che nell’arco di pochi anni avremo sempre di meno questo problema. Io sono stata fortunata, perché mi hanno aiutato la mia famiglia, mio marito e le babysitter».