Whirlpool, dopo la rottura l’attesa per il giudice
La vertenza Whirlpool è ai tempi supplementari. Nella notte di venerdì si è chiuso senza accordo il confronto sulla procedura di licenziamento collettivo per 322 persone a Napoli. Morale: ora la multinazionale può inviare in qualunque momento le lettere di licenziamento.
Difficilmente, però, lo farà entro fine mese. Di sicuro non prima del 22 ottobre: venerdì prossimo infatti il giudice si pronuncerà rispetto all’accusa di comportamento antisindacale sollevata dai sindacati nei confronti di Whirlpool. Se darà loro ragione, Whirlpool dovrà ripartire da zero con la procedura. Se invece desse loro torto, Whirlpool avrebbe 120 giorni per inviare le lettere. All’interno di questo lasso di tempo, la decisione sul «quando» sarebbe tutta nella sue mani.
A questo punto resta una sola via d’uscita: accelerare sulla costituzione del consorzio per la mobilità sostenibile annunciato nei mesi scorsi. Venerdì al tavolo si è parlato della presentazione di un piano industriale entro metà dicembre. Ma dal quartier generale del gruppo si lascia intendere che le lettere potrebbero ritardare solo se ci fosse la possibilità di trasferire i lavoratori Whirlpool al consorzio stesso entro dicembre. Il fatto è che il consorzio al momento non è nemmeno legalmente costituito. Di certo si sa che una delle aziende interessate produrrebbe sedili per auto. Poi si parla di aziende dell’indotto Hitachi. Le realtà interessate sarebbero cinque.
Martedì 19 il sindacato si confronterà con i ministri Andrea Orlando e Giancarlo Giorgetti (Lavoro e Mise). Il titolare dello Sviluppo economico si è presentato in videocollegamento davanti a sindacati e azienda nella notte tra venerdì e sabato: «Dal governo posso garantire che l’ipotesi del consorzio sarà seguita, mi auguro che non si disperda e si concretizzi in tempi rapidi — ha detto Giorgetti —. Bisogna ricontattare i soggetti che hanno dato disponibilità ora che ci si trova in un contesto diverso. Whirlpool ha creato un elemento di grande difficoltà e non vorrei che i consorziati ora si dileguassero». Insomma, la soluzione è tutt’altro che facile.