I primati delle imprese familiari Ripresa più rapida dopo la crisi in attesa di investire ancora
Studio Bocconi in occasione del Family Business Festival del 21-22 ottobre
MILANO La prima considera- zione è un’avvertenza: i numeri nella tabella a fianco sono molto alti perché si confrontano con uno dei periodi più bui della storia economica. Fatta la premessa, l’esame dei risultati nel primo semestre di quest’anno delle 325 aziende quotate in Piazza Affari ci dice alcune cose importanti dello stato di salute delle nostre imprese. I numeri del fatturato e della redditività dimostrano, infatti, che la ripresa è in atto ed è molto sostenuta, ma — al tempo stesso — le disponibilità in cassa rimaste sostanzialmente immutate rispetto al dicembre 2020 (ovvero non utilizzate) raccontano di una incertezza degli imprenditori e dei capi azienda: ancora non sanno bene che consistenza abbia questo recupero del terreno perso durante il 2020. Per il momento, insomma, preferiscono stare «alla finestra» in attesa che il contesto si chiarisca.
In questo ambito, va sottolineata la differenza tra familiari e non familiari, con le prime che tra gennaio e giugno di quest’anno hanno registrato risultati migliori delle seconde. È importante comprendere come si stanno muovendo le familiari perché rappresentano la forma più diffusa d’impresa in Italia (e nel mondo) e anche la stragrande maggioranza delle aziende quotate: sulle 325 esaminate, 236 hanno come azionista una o due famiglie. I loro risultati hanno insomma una influenza determinate sull’economia e sul nostro listino.
L’analisi è stata realizzata da Guido Corbetta e Fabio Quarato, docenti Bocconi, in occasione di Family Business Festival, la due-giorni che Corriere della Sera, L’Economia, Università Bocconi e Aidaf — in collaborazione con Confindustria Genova, Simest, Kpmg, Belluzzo International e Rfo — terranno a Genova i prossimi 21 e 22 ottobre (scheda in alto).
«I dati confermano la pronta ripresa delle aziende, in particolare familiari, dopo un primo semestre 2020 fortemente influenzato dalle chiusure della primavera — commenta Guido Corbetta, ordinario di Strategia aziendale e titolare della cattedra AidafEy in Bocconi—. Nel valutare i confronti tra aziende familiari e non familiari occorre ricordare che le variazioni percentuali sono influenzate dalla dimensione e le prime sono più piccole (1,08 miliardi di euro di media) delle seconde (4,1 miliardi). Considerando l’intero anno e mezzo — prosegue— si nota come nel primo periodo le performance delle imprese familiari siano calate più o meno come quelle delle non familiari, mentre la loro capacità di ripresa nel primo semestre 2021 è stata più rapida, in particolare sulla redditività. Tutte, invece, hanno adottato la stessa strategia finanziaria: aumento della liquidità e riduzione del debito netto. Le imprese aumenteranno i debiti per via della crescita del circolante, ma stanno aspettando a riprendere gli investimenti perché in questo secondo semestre 2021 si stanno affrontando nuovi problemi come gli aumenti generalizzati ed elevati di materie prime, energie e trasporti. La non disponibilità di alcuni componenti ha bloccato alcune filiere molto importanti come quella dell’automobile. E, ancora, si fatica a trovare nuovi lavoratori da inserire nelle filiere produttive in ripresa». In conclusione, la possibile uscita dalla crisi si potrà definire «quando gli effetti di alcuni problemi attuali si dispiegheranno in misura più o meno grande. La capacità delle imprese, familiari e non, di competere sui mercati globali si deve ormai valutare nel medio lungo termine e non più sui trimestri».
La redditività
Nei primi sei mesi il reddito operativo delle sole familiari è cresciuto del 75,9%