Trema l’Afghanistan, oltre mille morti
«È un’ecatombe», i soccorsi bloccati dalle piogge torrenziali: una sfida per il governo talebano
Karim è tornato al suo villaggio di fretta e furia alle prime luci dell’alba: ha trovato soltanto macerie e morte. «L’intero villaggio è sepolto. Quelli che sono riusciti a mettersi in salvo prima che tutto cadesse hanno potuto estrarre i corpi dei loro cari. Ho perso 22 familiari, anche mia sorella e tre fratelli» ha raccontato il giovane al Guardian. Il suo villaggio si trova nella provincia di Paktika, epicentro del terremoto che ha devastato questo angolo di Afghanistan al confine col Pakistan. Un sisma di magnitudo 6.1, valore non considerato tra i più elevati a livello internazionale, in questa area del mondo ha lasciato poco scampo ai suoi abitanti, sorpresi verso l’una di notte, mentre dormivano, in case fatte di terra e poco più, in una zona sperduta, a tratti montuosa. Un’ecatombe: oltre mille i morti. Un bilancio destinato a crescere. Sono 46 i villaggi spazzati via, abitati da 500 famiglie. Da questi luoghi remoti le informazioni arrivano a rilento. Non si sa nemmeno quante persone si trovino ancora sotto le macerie. In questo Paese già stremato, dilaniato da vent’anni di guerra e con oltre metà della popolazione ridotta alla fame dopo un anno di governo talebano, a complicare i soccorsi ci si è messa anche la pioggia, arrivata — torrenziale — ieri mattina dopo mesi di siccità. Fango, smottamenti e allagamenti hanno rese impraticabili le strade, sterrate. «Le nostre ambulanze non hanno potuto raggiungere le zone epicentro del terremoto, si sono dovute fermare all’ospedale provinciale di Paktika» ha riferito al Corriere Stefano Sozza, responsabile di Emergency in Afghanistan. L’associazione italiana, che nel Paese gestisce tre ospedali e 42 cliniche, sta partecipando agli incontri del ministero della Salute afgano per coordinare la risposta a questa emergenza. «Si teme che ci siano molte persone bloccate sotto i detriti ma pioggia e fango rendono difficoltosi i soccorsi».
Le squadre del governo sono al lavoro, con ambulanze ed elicotteri, aiutate dalla popolazione locale. Ma a Gayan, il distretto nella provincia di Paktika, il più colpito con quello di Barmal, ieri mattina non c’erano soccorritori, riferisce uno del posto, Alem Wafa: «Qui sono stati gli abitanti dei paesi vicini a portare in salvo le persone. Io ho recuperato 40 cadaveri. Molti erano bambini ». Uno strazio.
«Siamo impegnati a estrarre dalle macerie morti e feriti» ha raccontato al New York Times Sarhadi Khosti, 26enne dell’altra provincia più colpita, quella di Khost. Da qui alcuni feriti sono stati trasportati in elicottero a Kabul.
Le operazioni di soccorso rappresentano un test importante per le autorità talebane, che non possono contare sul supporto internazionale per via delle sanzioni scattate dopo la presa del potere, lo scorso agosto, con il congelamento dei fondi afghani da parte di Stati Uniti e Fondo Monetario Internazionale. Usa e Ue ieri hanno promesso aiuti post sisma. «Ora è il momento della solidarietà» ha esortato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres.
Emergency «Fango e smottamenti: le nostre ambulanze bloccate lontano dall’epicentro»