Tra Pascoli e la pandemia la sorpresa della musica (per liberare le emozioni)
La letteratura e le chiavi per capire il presente
Non so se sia possibile né utile trovare un filo comune nelle scelte ministeriali delle tracce, anche a prescindere da quelle, più frequentate, di Liliana Segre e di Gherardo Colombo e di Giorgio Parisi. Fatto sta che i temi letterari, la poesia di Giovanni Pascoli e la novella di Giovanni Verga (una proposta quasi doverosa nel centenario della morte), si inquadrano in un contesto culturale (e cronologico) affine e forse avrebbero potuto essere maggiormente diversificate. Ma ciò non toglie che si tratti di (magnifici) testi capaci di offrire una vastità di riflessioni innanzitutto sulle risorse della letteratura. Il che non guasta, visto che per molti ragazzi la maturità rappresenta purtroppo il saluto definitivo alla poesia... Oltre a ciò, indubbiamente «La via ferrata» e «Nedda» propongono motivi abbondanti e non banali di lettura della contemporaneità: il rapporto tra ambiente e sviluppo tecnico da una parte e la condizione femminile nella società e nel lavoro dall’altra, essendo la subalternità dei «vinti» un tema purtroppo eterno.
Con il grande Oliver Sacks entriamo invece più direttamente nei gusti e nelle vite individuali delle giovani generazioni per una via inattesa (forse l’unica vera sorpresa della maturità di quest’anno): la «musicofilia», declinata tra trasgressione e conformismo, non ha mai cessato di agire creando sollievo e comunanza. E certo si tratta del tema su cui ragazzi e ragazze avranno (o avrebbero) potuto liberare con agio l’auspicata possibilità di ricondurre tutto alle proprie emozioni e alle proprie esperienze evitando eccessive astrattezze da arrampicata sugli specchi. L’opportunità anche di soffermarsi sul rapporto di condivisione con gli altri, che nella canzone (anche quando è canzonetta) ha sempre trovato una sua, a volte inspiegabile e sotterranea, felicità.
Ritorniamo nella sfera del prevedibile con i temi sull’attualità. Più impegnato è il brano del giurista Luigi Ferrajoli sulla «Costituzione della Terra», che invita a meditare sul tempo della pandemia secondo una prospettiva di critica sociale e di responsabilità civile collettiva, anche se la traccia consigliava di non trascurare le «esperienze personali» e la sensibilità individuale. Ma è chiaro che questo passo, così articolato, si rivolgeva (strizzava l’occhio?) nettamente al giovane «engagé», sempre più preoccupato del destino globale e delle diseguaglianze economiche. Una richiesta di autocoscienza critica si avverte nella proposta del brano di Vera Gheno e di Bruno Mastroianni, che interroga il maturando sulle implicazioni (comunicative e cognitive) dell’essere perennemente iper- e interconnessi, sull’ambivalenza dei social, sull’uso distratto della rete, pochissimo regolato e del tutto consapevole dei pericoli (il che vale non solo per i giovani, ma anche per i loro genitori). Il rischio sotteso a una proposta del genere, così esplicita e già in sé «orientata», era quello di favorire riflessioni fatte di buoni propositi, di autocondanne retoriche o di autoassoluzioni facili, un poco meccaniche, provenienti più dal ragionevole sentito dire quotidiano che non da un’elaborazione più complessa.
Insomma, tracce così ragionevoli da riuscire a toccare o almeno a sfiorare tutti i grandi temi civili, morali, individuali di cui si sussurrava alla vigilia. Piaccia o no, salvo eccezioni, è sempre la letteratura a offrire punti di vista insoliti e linguaggi sorprendenti.
Responsabilità
Il brano di Ferrajoli sulla Costituzione della Terra, tra impegno collettivo e personale